La conferenza ricordata da De Laurentiis è quella della mimica scettica di Spalletti alla parola scudetto
Lì nacque l'estate della follia. In due mesi tutto è cambiato, eppure al modello aziendale Napoli ancora si contrappone l'immagine del miracolo o del pesce fritto con l'acqua

Se un poco abbiamo imparato a conoscere Aurelio De Laurentiis, non è stato per nulla casuale il riferimento che ha fatto ieri sera rispondendo a una domanda sul Napoli primo in classifica. Il presidente ha rivendicato di aver annunciato in una conferenza stampa (il 30 maggio) l’intenzione di costruire un grande Napoli. «Quando dicevo che avremmo fatto una grande squadra, nessuno mi credeva». E quel nessuno, a nostro avviso, comprende tutti. Tifosi, giornalisti. E anche la persona che era al suo fianco in quella conferenza, Luciano Spalletti, che quel giorno guadagnò molti punti tra i sostenitori del Napoli. Fecero il giro dei social le immagini della sua mimica, del suo evidente scetticismo, alle parole di De Laurentiis che furono le seguenti:
Comunque possiamo lanciare un messaggio da qui, da questa conferenza stampa, che faremo di tutto per riportare a Napoli lo scudetto. Però dobbiamo essere tutti uniti, tutti insieme. E se non ce la faremo, non ci dovremo mai deprimere perché noi siamo il Napoli.
Quella conferenza (nota come la conferenza della vil moneta) ottenne l’effetto opposto. Invece di rassicurare i tifosi sul futuro prossimo del Napoli, segnò l’inizio dell’estate della follia e del masochismo. Spalletti conquistò molti punti con la piazza perché fin lì era stato accompagnato dall’etichetta di aziendalista che a Napoli equivale più o meno a kapò (kapò è meno grave, s’intende). Non vanno ovviamente dimenticati episodi che hanno segnato significativamente Spalletti: la contestazione con uova e pietre all’esterno dell’albergo Palazzo Caracciolo dopo la sconfitta a Empoli e l’ignominioso striscione sull’auto rubata. Il tecnico rimase profondamente turbato, la società onestamente non si prodigò per tutelarlo, e forse quello scetticismo esibito fu una comprensibile forma di autoprotezione.
Allora Spalletti era sotto accusa per lo scudetto mancato e per la rottura con Mertens che sembrava suggellata da alcune dichiarazioni in tv: «Se Mertens dice che avremmo potuto vincere lo scudetto, dica anche di chi è la responsabilità del mancato successo». La visita di De Laurentiis a casa di Dries venne da tutti considerata un segno per scaricare l’allenatore.
Buongiorno #popolino della #A16. C’è traffico in autostrada ? Su coraggio Candela è vicina !!! Appicciatevi!!! pic.twitter.com/zh3lcsqtCL
— Gianluca Gentile (@Gianllu) September 20, 2022
Insomma la situazione era questa. Fatto sta che con quella mimica Spalletti conquistò i tifosi. Era la prova che nemmeno lui credeva agli intenti del presidente. Da allora De Laurentiis non ha quasi più parlato. Ha vissuto un’estate a dir poco particolare. A Dimaro – in piena contestazione – non è mai apparso in pubblico. A Castel di Sangro è stato molto defilato, è apparso solo nell’ultima amichevole. Spalletti ha alternato atteggiamenti: dalla risposta a muso duro al contestatore a Dimaro («fatelo tacere»), alla dichiarazione nostalgica (possiamo definirla sarrita in purezza) alla vigilia di Lazio-Napoli: «Devo farvi lo schemino di chi è partito e di chi è arrivato?». Certo siamo lontani dal Sarri capo-popolo che divenne il numero uno dei contestatori della società. Crediamo che per formazione professionale Spalletti sia un aziendalista – ne ha dato ampia dimostrazione nel corso della sua carriera – ma l’adattamento all’ambiente funziona per tutti. Darwin non era certo uno sprovveduto.
Dall’inizio della stagione Spalletti più o meno consciamente spinge per la visione della squadra inesperta, giovane, da plasmare. Che è un po’ il remake della frase-tormentone “Sarri a Napoli frigge il pesce con l’acqua”, frase che ha dominato per un triennio salvo poi scoprire che invece quella era una squadra di calciatori molto forti.
La visione nostalgica che non dispiace a Spalletti, e che tra i tifosi è stata maggioritaria fino a poche partite fa, è basata a nostro avviso su una maiuscola sopravvalutazione dei calciatori che sono andati via. Vale la pena fare un breve check, nella consapevolezza che siamo a inizio stagione.
Dries Mertens al Galatasaray non ha ancora segnato un gol: sei presenze, 360 minuti giocati.
Di Ospina si sono perse le tracce. Transfermarkt riporta due presenze con i sauditi dell’Al Nassr.
Lorenzo Insigne gioca nell’Mls, pure benino ma nell’Mls.
Fabian Ruiz (il migliore dei ceduti con Koulibaly) è subentrato due volte col Psg.
Ghoulam al momento ha smesso di giocare nonostante ci fossero tifosi convinti che non giocasse per motivi contrattuali.
E infine Koulibaly di cui Spalletti disse che era già il miglior difensore della Premier. In realtà non è proprio così (glielo auguriamo ovviamente). Dopo un ottimo inizio, con gol al Tottenham, è stato protagonista di una prestazione disastrosa con il Leeds ed è anche finito in panchina in Champions nella prima di Graham Potter il successore di Tuchel.
Viceversa il Napoli ha realizzato una campagna acquisti che adesso viene elogiata un giorno sì e l’altro pure dai media italiani che in estate erano rimasti affascinati dalla pesca dei vecchietti di successo fatta soprattutto da Juventus e Roma. Giuntoli, dopo anni vissuti in penombra, è diventato il direttore sportivo più cool d’Italia. Il colpo Kvaratskhelia gli ha cambiato la vita. Il georgiano è a nostro avviso nettamente il più forte del Napoli ma non è il solo grande acquisto dell’estate. Il sudcoreano Kim ha avuto un impatto da veterano sul campionato italiano. Se i tifosi napoletani non gridassero all’anatema, potremmo dire che il Napoli ha trovato il nuovo Chiellini. Decisamente meno falloso, peraltro. A Milano ha giocato una partita sontuosa, da manuale del difensore centrale. L’elenco prosegue, anche se è noto. Come rilevato oggi dalla stessa Gazzetta, il Napoli non ha fin qui avvertito il peso dell’assenza di Osimhen. I suoi sostituti, Raspadori e Simeone, si stanno dimostrando panchinari di lusso. Giocano e segnano con regolarità. Olivera piano piano sta conquistando spazio, ha già giocato titolare contro il Liverpool. Ndombélé certamente è un calciatore da recuperare ma sembra sulla buona strada. Poi ci sono Ostigard e Sirigu.
Il Napoli è una squadra forte, molto forte. Lontanissima dall’immagine di gruppo giovane, senza personalità. È l’esatto opposto. Questa è una squadra che fin qui ha superato tutte le difficoltà avute in campo: dai due pareggi del Verona nella prima giornata, al vantaggio della Lazio, al doppio rigore sbagliato a Glasgow, al pareggio del Milan domenica sera. Ogni volta ha reagito e ha vinto. E quindi sì Spalletti sta facendo un ottimo lavoro perché un signor allenatore e lo aveva dimostrato già l’anno scorso (il terzo posto è da applausi) ma il temperamento, il carattere – come scritto anche dalla Gazzetta – o ce l’hai o non ce l’hai. E questo Napoli costruito da De Laurentiis e Giuntoli, è una squadra vera. «Voglio costruire un Napoli cazzutissimo» disse con linguaggio machista De Laurentiis un paio di settimane prima di quella conferenza stampa.
Quindi per questo Napoli è del tutto fuori luogo la retorica del miracolo (a Napoli sembra che tutto sia un miracolo), così come quella dell’allenatore alchimista che trasforma i metalli in oro. Questo Napoli è frutto di programmazione, di organizzazione, di un lavoro pluriennale (perché, per fare due esempi, Kim e Kvaratskhelia sono calciatori seguiti da anni, con pazienza). Così come è stata studiata la scelta dell’allenatore, un signor allenatore in Italia forse un po’ sottovalutato anche per questioni extracalcistiche.
De Laurentiis ha voluto ricordare quella conferenza anche perché, probabilmente, ricordava benissimo le reazioni. Quella dei tifosi, quella della stampa e anche quella di Spalletti. Aveva ragione De Laurentiis. Per certi versi poco importa. È più importante piantarla con la storia del miracolo, del successo quasi casuale o del “pesce fritto con l’acqua”. Il Napoli è forte in ogni sua componente: societaria, tecnica (ossia l’allenatore), gruppo squadra. Certamente competitivo, a nostro avviso decisamente più forte dello scorso anno. Poi le vittorie dipendono da tanti fattori. Ma provare ad affermare visioni nostalgiche o prodigiose a nostro avviso è fuori dalla realtà.