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«Col suo grande membro Rocco Siffredi ha contribuito alla trasformazione di un’epoca»

Il CorSera intervista la sceneggiatrice della serie Supersex: «è come Marilyn Monroe, è un personaggio tragico, preda del suo demone»

«Col suo grande membro Rocco Siffredi ha contribuito alla trasformazione di un’epoca»
Cannes (Francia) 12/05/2016 - Festival del Cinema di Cannes / foto Panoramic/Insidefoto/Image nella foto: Rocco Siffredi-Rosa Tassi

Il Corriere della Sera intervista Francesca Manieri, ideatrice e sceneggiatrice di Supersex, serie in sette puntate dedicata a Rocco Siffredi, in onda su Netflix nel 2023.

«Rocco Siffredi è come Marilyn Monroe, ha da un lato un elemento di conservazione e dall’altro qualcosa di eccedente».

La Manieri dice che nelle sue intenzioni non c’era di fare una storia sul porno, ma «su ciò che il porno rappresenta» e descrive Siffredi come

«un ragazzo sentimentale che sognava di lasciare l’Abruzzo e ha pagato un prezzo umano alto, conciliando con fatica l’arcaico della provincia e l’incontro con le città e si domanda: “Potrò amare ed essere amato?”».

Per scrivere la serie è partita da un’immagine di Rocco solo in uno stand pornografico che maneggia il calco del suo fallo, che cade e lui si inchina in modo goffo a prenderlo. In quell’immagine, dice di aver visto

«la mercificazione della carne, la crisi fallica dell’Occidente. Quella di Rocco è una parabola contemporanea. Ma in quell’immagine c’era anche un personaggio, una crisi, un cuore caldo perché va bene la filosofia, ma poi raccontiamo una storia avvincente, tormentata, un viaggio maschile come C’era una volta in America, ma visto da una donna».

Col suo grande membro,

«oggetto di merchandising, ha contribuito alla trasformazione di un’epoca. La rivoluzione sessuale di Rocco doveva portare a una maggiore libertà e invece ha finito per soffocarla, rimpicciolirla. È la storia di un pornostar attraverso le sue varie età che si fanno crisi esistenziale».

Supersex è la rivista «sconcia» che il 13 enne Rocco trovava su una strada statale, gettata dai camionisti.

Spiega il taglio scelto per scrivere la serie.

«La crisi del rapporto tra maschile e femminile, lo iato tra sessualità e affettività che ci riguarda tutti. Da bambino cerca lo sguardo femminile, non lo trova, e avrà sempre la pretesa di saper guardare le donne, tiene il contatto visivo con loro, poi capisce l’ambiguità e la violenza e solo alla fine ha la capacità di accogliere il punto di vista della donna su di sé. È una possibilità di liberazione. Ci mette 7 puntate e 350 minuti per dire ti amo».

Rocco ama le donne?

«Il problema non è se ama le donne, il problema è cosa noi chiamiamo amore».

Ha detto per tre volte che smetteva, ed è ancora lì.

«È il suo demone, è un personaggio tragico, è abitato dalla necessità di farlo, è una cosa scritta nella sua carne. Marilyn poteva smettere di essere Marilyn?».

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