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“Cosa sarà”, Kim Rossi Stuart e l’umanità nella malattia

Il film di Francesco Bruni. “Viene sempre il tempo del dolore/: in quel giorno la tua risposta sarà soltanto amore”

“Cosa sarà”, Kim Rossi Stuart e l’umanità nella malattia

Seguivo già Francesco Bruni da sceneggiatore, figurarsi da quando oltre alle sceneggiature i suoi film se li dirige pure. “Cosa sarà” già dal titolo nasce vintage ma quella sensazione di già vissuto svanisce quando si chiarisce l’oggetto del film. Bruno Salvati (Kim Rossi Stuart) è un regista che cerca di fare i suoi film – commedie – cercando di non indulgere a quello che gli altri si aspettano da lui: si è appena lasciato con la moglie Anna (Lorenza Indovina) che pare abbia un’altra. Ha due figli: il più piccolo Tito (Tancredi Galli) è un ragazzo fragile, mentre la figlia più grande Adele (Fotinì Peluso) è una ragazza brillante e decisa. Ma le cose accadono ed un banale incidente gli fa scoprire che ha un tumore del sangue. Inizia l’Odissea e la dottoressa Bonetti (Raffaella Lebboroni) gli prospetta un trapianto, ma manca il donatore compatibile.

Il film continua con lo schema diacronico e l’infanzia, il rapporto con il padre Umberto (Giuseppe Pambieri) e con sua madre (Elettra Dallimore Mallaby) vengono sviscerati anche nel rapporto con i figli di Bruno che sembrano abbiano reiterato le tare degli adulti. Dal passato emerge anche una sorella – Fiorella (Barbara Ronchi) – di cui nulla si sapeva. La chemio va avanti e sfalda Bruno ed arriva il momento dell’intervento. Francesco Bruni non risparmia niente allo spettatore, ma spesso molti film sui cancro s’incistano sul dolore inutile e parossistico, in “Cosa sarà” invece l’umanità che è la materia – insieme ai sogni; per chi li ha o non se li nasconde – che ci accomuna tutti, fa da minimo comune denominatore del dramma. “Viene sempre il tempo del dolore/: in quel giorno la tua risposta sarà soltanto amore”. Il film è dedicato a Mattia Torre.

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