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Matarrese: «Baggio provò a farmi diventare buddista. Nel ’92 volevo licenziare Maldini, lo salvò Sacchi»

Alla Gazzetta: «Una volta l’Under 21 perse 6-0 contro la Norvegia, il presidente Omdal a ogni gol Omdal faceva “uno”, “due”, “tre, Antonio…”».

Matarrese: «Baggio provò a farmi diventare buddista. Nel ’92 volevo licenziare Maldini, lo salvò Sacchi»

La Gazzetta dello Sport intervista Antonio Matarrese. E’ stato presidente del Bari, presidente della Lega e della Figc, vice presidente di Uefa e Fifa. Insieme al giornalista della rosea Alberto Cerruti, ha scritto la sua autobiografia: «E adesso parlo io». Gli chiedono come vede il calcio di oggi.

«Un po’ una giungla. Ai miei tempi si vinceva di più perché c’era più rispetto. L’altra sera all’Olimpico ho detto a Lotito: “Ma dove volete andare?”. Questi continui contrasti Lega-Figc non portano da nessuna parte. Ci sono da sempre, mai così forti però. Solo con me ci fu un periodo tranquillo, quando da presidente federale “obbligai” la Lega ad accettare Nizzola. Oggi scambio spesso idee con Gravina e Casini, bravi e coraggiosi».

Parla di com’era lui ai tempi degli incarichi di potere.

«Andavo oltre le regole, ma facevo il presidente. In America i giocatori mi facevano giocare a calcetto con loro e mi facevano vincere, accidenti a loro, come se non me ne fossi accorto».

Racconta alcuni aneddoti, come quello su Roberto Baggio:

«Che bravo ragazzo. Solo che una volta in pullman in America voleva convincermi a lasciare la religione cattolica e diventare buddista. Gli ho detto: “Roberto, ho anche un fratello vescovo, ma che dici…”. Robi: “Può cambiare anche lui”. Sì…».

Su Sacchi.

«Venne dopo Vicini: fu un gran dolore mandar via Azeglio, ero legatissimo a lui. Arrigo era un impegno continuo. L’ho voluto io, ma con lui non potevi mai permetterti di dire una stupidaggine. Ogni tanto ci sta un momento più leggero, ma lui era sempre serio. Però che grande professionista. Ho sempre avuto grande ammirazione e l’ho difeso da chi lo attaccava. E lui ha salvato Cesare Maldini…».

Spiega:

«Che Cesare era il mio tormento. Grandi risultati e alcune mortificazioni. Una volta l’Under 21 giocava con la Norvegia, mentre io ero proprio in Norvegia con il  presidente Omdal, mio grande amico. Un disastro: finì 6-0 e a ogni gol Omdal faceva “uno”, “due”, “tre, Antonio…”. Dopo l’Olimpiade 92 volevo cacciarlo, chiamai Sacchi che mi calmò dicendo “non è da lei”. Cesare rimase e vinse altri due Europei».

Altri due che lo hanno fatto disperare sono stati, racconta, Vialli e Zenga:

«Non potevano stare con Sacchi. Grandissimi giocatori ma turbolenti fuori dal campo, creavano problemi. In tv alla Ds ero con il direttore della Gazzetta di allora, Cannavò. Mi chiese di loro. Risposi in diretta tv: “Sono fuori tutt’e due. L’ha deciso Sacchi”. Ma a Vialli voglio bene, ora è un gentleman inglese. Anche Zenga è cambiato».

 

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