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Il Telegraph: «La notte che perseguiterà Pep Guardiola per il resto dei suoi giorni»

“Continua a non vincere la Champions, a questo punto penserà ad una maledizione. Il City può spendere miliardi ma non smetterà mai di autosabotarsi”

Il Telegraph: «La notte che perseguiterà Pep Guardiola per il resto dei suoi giorni»
Lisbona (Portogallo) 15/08/2020 - Final Eight Champions League / Manchester City-Lione / foto Getty/Uefa/Image Sport nella foto: Josep Guardiola

È la notte che perseguiterà Pep Guardiola per il resto dei suoi giorni. Puoi pagargli 19 milioni di sterline all’anno, puoi dargli un battaglione di giocatori splendenti in ogni posizione, ma non puoi mai alleviare il dolore che proverà a perdere una finale di Champions League con due gol in due minuti”.

Se una parte di mondo del calcio celebra Carlo Ancelotti, l’altra è in “lutto” per Pep Guardiola. L’altra faccia della stessa medaglia. Il Telegraph scrive di “implosione”, che “minaccia di lasciare sul più meticoloso degli allenatori una profonda cicatrice psicologica”. “La sua personale siccità in Champions League, ora destinata a durare almeno fino al 12esimo anno, deve chiedersi se non sia maledetto“.

Di più: “Forse è un segno, scrive Oliver Brown, che puoi spendere miliardi per trasformare il City dai parenti poveri del Manchester in uno dei titani del calcio inglese, ma che non puoi ancora cancellare il suo dono consacrato per l’autosabotaggio”.

Scrive che una volta beccato il ferale uno-due a partita finita il rigore di Benzema era a quel punto “inevitabile”. “Se le ferite sono così gravi per Guardiola, è perché questo era proprio il finale da incubo che aveva cercato di evitare”.

La differenza di comportamento tra gli allenatori è stata netta quando i due hanno parlato alle squadre prima dei tempi supplementari. Carlo Ancelotti è stato laconico, si è limitato a distribuire qualche parola burbera di motivazione, lasciando la maggior parte del lavoro al suo assistente. Guardiola, al contrario, era maniacale, gesticolando all’impazzata, scrutando un giocatore dopo l’altro, sfidandoli a ritrovare la calma. Ma a quel punto erano in un irrecuperabile funk mentale”.

Il Telegraph infierisce:

“Vestito di nero dalla testa ai piedi, Guardiola somigliava persino a Simeone, la figura di cui è sempre stato l’antitesi perfetta”.

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