Addio paternalismo e a quel modo di dire deresponsabilizzante: «bravi sono quelli che lavorano sempre in un certo modo, il merito è sempre dei calciatori»

In conferenza stampa Spalletti ha infranto un altro tabù del calcio italiano. Ha preso le distanze da quella frase che a volte effettivamente suona tra il fastidioso e il paternalistico (nonché deresponsabilizzante): «I miei ragazzi».
E invece Spalletti ci ha tenuto a rimarcare che non sono i suoi ragazzi, i calciatori del Napoli sono professionisti. Lo ha fatto in una conferenza in cui ha parlato – ancora una volta – di etica del lavoro. È l’etica del lavoro che fa la differenza.
«Non c’entra essere bravo o non bravo, bravi sono quelli che lavorano sempre in un certo modo, vengono al campo e non cambiano umore quando vivono contrarietà. Non sono i miei ragazzi, sono calciatori professionisti che devono rendere conto al sentimento di una città come Napoli una città che, anche se sta zitta, dentro brucia tantissimo. Un po’ come il Vesuvio. La differenza la fanno sempre i calciatori, hanno qualità, bisognerebbe riuscire a trasformare a volte la leggerezza e la qualità in altre cose, ma i materiali è difficile cambiarli, ci puoi mettere però mano ogni tanto e modificare qualcosa ed è già un grosso traguardo. Il merito è sempre dei calciatori».