Come gli ultras del Psg, che chiedono le dimissioni di un presidente che ha speso più di un miliardo sul mercato. Una Champions non basterà
Mentre il Parc des Princes sfogava tutto il risentimento dei tifosi del Psg sulla sua proprietà, sulla dirigenza e sui giocatori – su Messi! – in tribuna Nasser Al-Khelaifi, il presidente che dal 2011 ha speso più di 1 miliardo di euro sul mercato, pensava: “Aspetta… Vi ho comprato Messi, Neymar, Mbappé, Ibrahimovic, Cavani, Dani Alves. Che volete da me, esattamente?“.
“Naturalmente, i tifosi di Parigi hanno detto a Khelaifi esattamente quello che vogliono”, risponde Jonathan Liew sul Guardian: in una dichiarazione del Collectif la scorsa settimana gli hanno rinfacciato di farsi vedere più alla Fashion Week che agli incontri con gli ultras. Gli hanno chiesto di dimettersi “nell’interesse del club; che non è un marchio, non un prodotto di marketing. E’ il nostro club!”.
E questo è il punto dell’analisi del Guardian: la reazione dei tifosi del Psg non è “una sorta di reflusso acido, una reazione intestinale alla sconfitta infrasettimanale di Champions contro il Real Madrid”. C’entra pochissimo. I tifosi vogliono sentirsi parte della storia, e invece ormai non lo sono più. Ne stanno prendendo coscienza e gli brucia.
“Se Khelaifi pensa che una Champions League placherà i tifosi irrequieti, dovrebbe guardare agli ultimi due vincitori… Il Bayern Monaco si sta avvicinando alla sua decima Bundesliga consecutiva, ma durante l’ultima riunione generale annuale i tifosi arrabbiati si sono rivolti al presidente del club, Herbert Hainer, e all’amministratore delegato, Oliver Khan, accusandoli di non mettere in discussione il controverso accordo di sponsorizzazione del club con il Qatar, ‘Noi siamo il Bayern! Non voi!”.
Vale per tutti i club principali, e per le loro mega-proprietà, scrive Liew.
“Per decenni tutti i tifosi, ma soprattutto quelli dei grandi club, sono stati essenzialmente mercificati, patrocinati, visti non come partner ma come una risorsa da spremere e sfruttare. I gruppi di sostenitori chiedono un posto nei board e un pezzo di futuro. I club rispondono con contenuti virali, aumento dei prezzi dei biglietti e fan-token”.
“Il nostro club” non esiste più. “Khelaifi ha i documenti per dimostrarlo”. Le proteste sono “un naturale punto di arrivo: un riconoscimento in ritardo, che questo non è più il loro gioco”.