Signori: «Ora voglio allenare i giovani, scommettete su Signori»
Al Corsera: «Dopo il primo allenamento con l'Atalanta, a 10 anni, mi lasciarono per strada, mi misi a piangere. All'Inter mi presero per tenerezza»

Beppe Signori torna a raccontare la sua brutta esperienza in cui ha lottato per 10 anni contro l’accusa di essere il capo di una banda che combina partite per avere risultati sicuri su cui puntare.
«Io a capo di una banda, come Totò Riina. Solo che è provato che su 70mila intercettazioni o contatti io non abbia mai parlato con nessuno della banda. Come facevo? E senza sim segrete».
L’ex calciatore lo fa sulle pagine del Corriere della Sera, per presentare il suo nuovo libro “Fuorigioco”. Parlare del caso, delle accuse, di questi dieci anni di battaglia, fa ancora male, anche se tutto oramai è alle spalle. Allora meglio fare un salto indietro, agli inizi della carriera di calciatore, prima all’Atalanta
«Giocavo nella squadra del mio paese, la Villese, quando mi sceglie l’Atalanta: ho 10 anni. Al primo allenamento vado a Bergamo con la corriera: mi vengono a prendere in stazione, ma al ritorno mi lasciano in strada. Io non so cosa fare, mi spavento, piango. E quando per miracolo torno a casa decido che non voglio più giocare per l’Atalanta».
Poi all’Inter
«Dura 7 minuti: il portiere fa un rinvio, il pallone mi colpisce in faccia, cado svenuto ma segno. Mi prendono per tenerezza. Poi però puntano su Fausto Pizzi e a 15 anni mi mollano».
Poi Foggia e Zeman.
«Divento attaccante. Anni spensierati. Ci allenavamo in un centro vicino allo Zaccheria. Per rientrare, sporchi, infangati, passavamo in mezzo al mercato, con le signore che facevano la spesa».
Ora cosa sogna?
«Di allenare i giovani: servono maestri di calcio. Scommettete su Signori».