A Padova insulti a un giocatore nero. Il giudice sportivo: «Scelta dei giocatori comprensibile eticamente, ma non per la Giustizia Sportiva”. La Figc: «il comunicato è perfetto»
Seconda categoria padovana, al minuto 88 di Atletico Granze-Tribano un tifoso comincia a urlare di tutto. Versi da scimmia soprattutto, ed altri pesantissimi epiteti razzisti. Il risultato è sul 3-3, la partita è quasi finita. L’energumeno ce l’ha in particolare con Diedhou Moussa del Tribano, perché ha commesso un fallo ma soprattutto perché ha la pelle scura. Moussa ha 22 anni e – racconta Il Gazzettino – è arrivato in Italia nel 2017 con un barcone, a Lampedusa. Il capitano del Tribano comunica all’arbitro che la sua squadra non intende proseguire la partita, che viene sospesa. Il Giudice Sportivo ha dato la sconfitta a tavolino al Tribano. La motivazione, scritta in punta di burocratese come da prassi, è esemplare: si legge che “se la decisione della Polisportiva Tribano di abbandonare il terreno di gioco a seguito del volgare commento di stampo razzista proveniente da un sostenitore del Granze, può essere compresa dal punto di vista etico non può però essere giustificata dal punto di vista della giustizia sportiva”.
Alla Giustizia Sportiva non ha a che fare con l’etica. Però nel comunicato si legge: “La decisione della sconfitta a tavolino viene adottata con personale dispiacere da parte dell’organo giudicante che esprime solidarietà al giocatore vittima del comportamento discriminatorio”.
Per Giuseppe Ruzza, presidente regionale della Figc intervistato dal giornale, “il comunicato del Giudice Sportivo è perfetto. C’è l’applicazione del regolamento e c’è la componente etica”. Le due cose non vanno evidentemente mescolate, in Italia.