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Fascismo? Cosa essere fascismo? La verità del ministro francese sui tifosi laziali e l’Italia omertosa

Le reazioni alle accuse mosse ricordano quelle dei passanti in Sicilia. “Principi valoriali”, “responsabilità soggettiva”, le solite parole ruspanti di Sarri

Fascismo? Cosa essere fascismo? La verità del ministro francese sui tifosi laziali e l’Italia omertosa
Roma 28/08/2021 - campionato di calcio serie A / Lazio-Spezia / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: tifosi Lazio

Il fioccare di dichiarazioni innescato dalle parole del ministro francese Gérald Darmanin a proposito dei tifosi della Lazio è una cartina di tornasole fenomenale dello stato di fatiscenza culturale della nostra nazione.

Per i tanti amanti del vintage, cioè quelli che ancora immaginano e scrivono dell’Italia spezzata a metà – con il sud timoroso quando chiamato all’autocritica, corporativista se sotto attacco e sempre omertoso all’occorrenza – le risposte sparse di politici, giornalisti e commentatori di ogni luogo del meridione e del settentrione d’Italia al provvedimento del ministro francese possono suonare rassicuranti: il dissesto culturale non è appannaggio dei paesini del sud dove gli uomini con microfono scendono a fare le interviste alle vecchine per cercare l’evasore che sfrutta il reddito di cittadinanza – l’Italia è tutta unita, omogenea e legata assieme nel suo malcostume.

Gérald Darmanin aveva detto una cosa chiara: i tifosi della Lazio in trasferta si rendono spessissimo responsabili di “canti e saluti fascisti”. Fascisti. Non ha detto “mangia spaghetti”, “mafiosi”, “gesticolanti e con i baffi lunghi”. Ha detto fascisti: cioè inneggianti al duce, allegramente protagonisti del saluto romano, umoristi dei campi di concentramento, insomma autori di roba che alle persone civili, legittimamente, fa schifo perché criminale.

Ebbene qual è stata la risposta dello stivale? La stessa che i giornalisti di un tempo, evoluti settentrionali, tiravano con sapienza dalle bocche dei retrogradi meridionali: omertà e campanilismo.

Ho ascoltato trasmissioni calcistiche radiofoniche nazionali in cui si è discussa la notizia senza mai pronunciare la parola “fascismo”. Sembrava di essere piombati in uno di quei servizi Rai degli anni cinquanta sulla prostituzione: mezz’ora senza mai proferire la scabrosa parola. La intellighenzia laziale – persino quella cosiddetta progressista – si sente personalmente chiamata in causa e si affretta a chiarire di non essere affatto come rappresentato dal liberticida ministro. Sembra di leggere anni di commenti stizziti ai telegiornali nazionali rei di aprire sempre con le notizie sulla criminalità organizzata meridionale, quando più ancora dei bambini squagliati nell’acido si temevano le orrende generalizzazioni dei mezzi di informazione. L’atteggiamento dei partiti italiani cosiddetti di destra è il consueto benaltrismo da Belpaese, quello che  adopera la metodologia ormai rodata dell’ “e allora XX?”, dove XX è un qualunque altro problema che riguarda chi ha sollevato la critica, dal tartaro interdentale al colore della cravatta. Fantastico l’allenatore biancoceleste che, con la sua coloritura tipica che lo ha reso ruspante negli anni, risponde che il ministro ha fatto una cappellata poiché i laziali non sono “violenti”. Straordinaria la replica della società, che chiarisce di aver sempre difeso delle cose chiamate “i principi valoriali dello sport”.

“Fascismo” non lo proferisce nessuno. Un tempo i sofisticati giornalisti settentrionali, piombati sul luogo del delitto, chiedevano ai passanti di pronunciare la parola “mafia” per giustificare un assassinio in paese ed il silenzio dell’ intervistato era la chiosa severa a sigillare l’assenza dello stato, l’arretratezza di quella comunità, la cultura omertosa. Oggi i tempi sono cambiati: c’è un ministro francese che non fa neanche le domande e una nazione che da Bolzano a Canicattì difende se stessa, con omertà orgogliosa.

Stiamo aspettando chi, interpellato, da destra o sinistra, tifoso organizzato o disorganizzato, commentatore laziale o romanista, dica: “Sì, abbiamo un problema di fascismo tra i tifosi e nel nostro paese. Ce ne vergogniamo, perché è un crimine. Cercheremo di risolverlo”.

Un tempo tagliavano con un “Niente saccio”. Oggi vige un più à la page “C’è la responsabilità soggettiva”. L’Italia si è unita, almeno.

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