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Caro Napolista, mi hai spiegato perché guardo le partite senza audio

POSTA NAPOLISTA – Tranne rare eccezioni la narrazione calcistica, in tv ma non solo, è vecchia di quarant’anni. E poi la Serie A non è la Premier, tante partite sono noiose

Caro Napolista, mi hai spiegato perché guardo le partite senza audio

Caro Napolista, sul calcio in tv secondo me hai colto il punto e implicitamente mi hai spiegato perché quasi sempre io guardi le partite con l’audio spento, mentre invece leggo molto, oltre al Napolista, Ultimo Uomo, il Foglio Sportivo e Rivista Undici. Forse le telecronache e in generale il prodotto calcio sono troppo vicini a quel modo di fare sensazionalismo più che giornalismo costruito su insinuazioni non documentate, titoli per attrarre click e quella miscela ormai volgare e fuori tempo di calciatori dipinti alla stregua di gladiatori (mica professionisti eh?), le loro fidanzate come pin up di cui ammirare le curve e ammiccare al bar con i conoscenti e tanti retroscena pruriginosi. È l’Italia anni ’80, desiderosa di abbracciare il riflusso gaudente e lasciarsi alle spalle gli anni di piombo, ma cattolicamente piena di rimorsi e timori, riguardi morali; tutti di facciata, certo ma pur sempre espressione di una cultura stratificata nei decenni.

Ora, cosa me ne faccio di questa roba a quarant’anni di distanza? Soprattutto se durante la settimana ho il confronto con fior di analisi tecniche, sociali, storiche, economiche, statistiche, politiche (eh sì, il calcio è tutta questa roba qui e molto altro ancora, altrimenti non sarebbe un fenomeno sociale tanto vasto) realizzate da blogger e giornalisti indipendenti o da piccole testate. Perché devo accontentarmi del pettegolezzo da cortile dei giornali mainstream e, parallelamente, di telecronache e interviste insipide, la serializzazione del copia incolla? E poi, c’è la mancanza del rito: la giornata di campionato spalmata su quattro giorni funziona se hai un prodotto di vertice, cioè se le partite anche non di vertice sono interessanti e se ci costruisci delle belle storie intorno. Può valere per la Premier League inglese, forse valeva per la Liga fino a due anni fa. Certamente no per la Serie A, un torneo in cui c’è pochissima contendibilità al vertice da trent’anni e le partite delle comprimarie sono di una livello imbarazzante.

Ci ho provato a guardare una gara tra Empoli e Genoa o tra Venezia e Salernitana, ma sembravano / sono squadre che militano in un altro torneo rispetto alle prime dieci. Una noia mortale, tantissimi errori banali, una lentezza esasperante, l’unico sussulto era dato da qualche coro politicamente scorretto, almeno il poco pubblico presente sugli spalti fa un po’ di colore, vivaddio.

Ecco appunto, resta il colore, ma senza il rito domenicale o al massimo del fine settimana, senza coltivare l’attesa per la partita e per l’evento. Non bastano, anzi risultano falsi, i commentatori e i telecronisti che continuano a decantare le meraviglie di Udinese – Sassuolo o Cagliari – Bologna. Non è vero, chiunque abbia giocato per qualche anno anche solo nelle file del CSI sa riconoscere uno spettacolo calcistico di livello e quello propinato dalla Serie A francamente non lo è. Il prodotto giornalistico è per qualità, capacità di approfondimento, analisi e intrattenimento, appiattito sull’oggetto che dovrebbe descrivere e magari anche criticare. Ecco perché continuerò a guardare le partite con l’audio spento.

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