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Stefano Ceci: «Maradona è vissuto solo come un cane. Era appena morto e c’era chi gli svuotava il frigorifero» 

Il socio di Diego a Repubblica: «L’eredità? Sui conti restano una ventina di milioni di dollari. A Napoli donerò una statua con il calco del suo piede sinistro».

Stefano Ceci: «Maradona è vissuto solo come un cane. Era appena morto e c’era chi gli svuotava il frigorifero» 

Su Repubblica Maurizio Crosetti intervista Stefano Ceci, amico e socio di Maradona che gestisce i diritti di immagine di Diego, motivo per cui è finito al centro di furiose battaglie giudiziarie con i suoi eredi, che definisce «parassiti che sfruttavano Maradona da vivo, e vogliono sfruttarlo pure da morto».

E’ lui che ha deciso di donare a Napoli una statua del Pibe de Oro. Ne parla.

«Una statua in bronzo dorato, a grandezza naturale, alta un metro e 67 come il mio fraterno compagno ritratto ai tempi del mondiale messicano. La mano sinistra e il piede sinistro sono stati riprodotti in 3D usando il calco che io stesso avevo fatto a Diego, le impronte le ho prese io, sissignori. Io e lui sapevamo che un giorno il suo piede sinistro sarebbe stato venerato».

Sulla statua ci sarà scritto «Anch’io sono napoletano». Sarà esposta allo Stadio Maradona il 28 novembre, prima di Napoli-Lazio.

«La metteremo a centrocampo, poi sarà sistemata negli spogliatoi, nel punto dove gli arbitri incontrano i giocatori, così potrà essere vista in tivù prima di ogni partita. Pago tutto io, saranno più o meno 80 mila euro e sono onorato di farlo».

Sulla battaglia giudiziaria successiva alla morte di Maradona e sui suoi eredi:

«Miserabili. Eppure continuo a mandare bonifici pari al 50 per cento di ogni affare concluso, come voleva Diego. Lui era lì sul letto, morto e ancora caldo, e c’era chi gli svuotava il frigorifero. Si sono fregati pure le cose da mangiare».

Sull’avvocato Matias Morla, che sostiene di essere il rappresentante di Diego sul mercato internazionale:

«Morla registrò cinque marchi senza neppure dirlo a Maradona, una carognata, ma non l’omino che corre, non “D10S”, quelli sono miei! In otto anni ho fatto guadagnare quasi trenta milioni di dollari a Diego, e ora la metà spetta ai figli legittimi, poi arriveranno pure quelli naturali. Ho chiuso io i contratti per i videogiochi, per le slot machines, tra poco lanceremo una nuova linea di abbigliamento. Ho portato io Maradona in Rai da Fazio, alla Fifa, al San Carlo di Napoli, a Londra, in Corea, in Marocco, ai Mondiali del 2014 e del 2018. Trentasette eventi abbiamo fatto, noi due. E dov’erano, i presunti amici? A Cuba, siccome non c’erano soldi non si vedevano neppure i parenti. Ma lui non ha smesso di pagarli, e non bastava mai».

Sull’eredità, della cui entità non si è mai saputo con certezza, che se si è parlato di 2 o 300 milioni di dollari:

«Ma no, che fesseria. Nel 2012, quando siamo andati a Dubai, Diego aveva 8 milioni di dollari sul conto. Grazie a me ne ha guadagnati altri 26 milioni e 600 mila. Almeno 10 sono andati alla famiglia, quasi 6 negli ultimi 5 anni. Penso che adesso ci siano sui vari conti una ventina di milioni di dollari, non di più. E una quindicina sono spariti perché qualcuno li ha fatti sparire. Non esistono casseforti segrete. I cimeli importanti se li era già presi l’ex moglie Claudia, che li ha venduti: esistono due cause in tribunale, per questo».

Sull’ultima fase di vita di Diego:

«Gli hanno fatto cambiare quattro case soltanto nell’ultimo anno, le signore figlie, per poi mandarlo a morire nella jungla. A Napoli c’è un proverbio che dice: il morto lo piangono tutti, ma nessuno se lo vuole portare. Quando lo vidi per l’ultima volta, Diego era nel ritiro del Gimnasia, la squadra che allenava. Aveva giocato a pallone, ma non c’era acqua calda per lavarsi: lo aiutammo io e Christian Jorgensen, il suo assistente. Scaldammo l’acqua sul gas della cucina, non c’era nemmeno lo shampoo. Ecco come viveva Diego. Quando sento dire “ma come è morto?”, io rispondo: non è morto così, è vissuto così, solo come un cane. Ha avuto tutto e non ha avuto niente».

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