ilNapolista

Ruggeri: «Non amo il prossimo, ma penso che la vita degli altri sia interessante se la si sa leggere»

Al CorSera: «La canzone è figlia della malinconia. Cantare la tristezza dà risultati più spettacolari, mentre il cazzeggio è meno rappresentabile se non sei Elio»

Ruggeri: «Non amo il prossimo, ma penso che la vita degli altri sia interessante se la si sa leggere»

Il Corriere della Sera intervista Enrico Ruggeri: il prossimo 21 ottobre riceverà il Premio Tenco alla carriera. Racconta da dove proviene la sua vena creativa.

«Dalla voglia di raccontare. Io non amo il prossimo mio come me stesso. Però il prossimo mi interessa molto e soprattutto parto dal presupposto che sulla vita di ogni essere umano puoi fare un film, scrivere un romanzo. Insomma, la vita della gente è sempre interessante se la sai leggere. Quindi io racconto storie. Inizialmente l’ho fatto solo con le canzoni poi ho continuato con libri, radio e tv».

Si definisce:

«Io sono più malinconico nelle canzoni che nella vita. Quando sono di buon umore esco con gli amici a far baldoria. La canzone è figlia della malinconia. Molti cantautori sono dei gaudenti brillanti come Guccini o Vecchioni, tristi nelle canzoni non nella vita. Cantare la tristezza dà risultati più spettacolari e più teatrali mentre invece il cazzeggio è meno rappresentabile. Se non sei Elio o Rocco Tanica».

Dà un giudizio sui giovani artisti.

«Gli artisti vanno giudicati in 30-40 anni, altrimenti si prendono delle cantonate enormi. Oggi tendiamo a confondere l’idea con la trovata. L’idea è una cosa che stupisce. La trovata è effimera. Se adesso vado in Corso Garibaldi a recitare una poesia ha un senso. Se ci vado a cavallo vestito da Napoleone a recitare la stessa poesia, questa passerà in secondo piano e avrà una valenza mediatica diversa. Il mascheramento è una trovata, la poesia è un’idea».

Come si distingue una dall’altra?

«Ci pensa il tempo. Che è galantuomo. Vedo Achille Lauro e aspetto».

Racconta che dopo tanti anni ancora lo emoziona calcare il palcoscenico.

«Salire su un palco. Da giovane non ci fai caso, ti senti eterno. A 64 anni ogni concerto è un dono»

Sui Maneskin?

«Finalmente vedo dei ragazzi che, come me agli esordi, passano la vita in cantina a provare e non andare a caccia di follower in Rete».

Con che colleghi ha legato di più?

«Da un punto di vista intellettuale Francesco De Gregori, anche se non gli ho mai chiesto nulla».

ilnapolista © riproduzione riservata