Nino D’Angelo: «Io, primo in famiglia a prendere la terza media. Dopo, tutti mi facevano leggere le bollette del gas»
A La Stampa: «A casa mia si spegneva la tv quando arrivava il tg. L'italiano per me è come l'inglese, una lingua straniera»

Sanremo (Im) 05-09/02/2019 - 69° Festival di Sanremo / foto Pamela Rovaris/Image nella foto: Livio Cori-Nino D'Angelo
La Stampa intervista Nino D’Angelo. Ha appena pubblicato, con Baldini+Castoldi, il libro «Il poeta che non sa parlare», in cui racconta la sua vita: da una famiglia povera e senza istruzione, a diventare un intellettuale.
«Non si nasce solo per vivere ma per crescere. Dove sono nato io nessuno ti dice niente e la politica ha bisogno di gente ignorante. La musica mi ha fatto conoscere maestri e intellettuali. Nella mia famiglia si spegneva la tv quando arrivava il tg e io sono stato il primo a prendere la terza media. Dopo, tutti mi portavano a leggere le bollette del gas».
Gli chiedono se è vero che in chiesa storpiava “Let it be” dei Beatles in “Gesù Cri”.
«Era un gioco. L’italiano per me è come l’inglese, una lingua straniera. Mi esprimo meglio in napoletano».
Cosa insegna la povertà?
«A dare valore ad ogni cosa: per essere felici ci vuole poco».
Cosa è l’ironia?
«Uno scudo per non prendersi troppo sul serio. Possiamo riderci addosso invece di piangerci addosso. Se racconto che mio padre mi ha portato davanti alla bici e mi ha detto “La vedi questa? Non potrai permettertela mai” fa sorridere ma in modo amaro».