Al Corriere: «A 15 anni, alla Rca, il mio primo appuntamento con Lucio Dalla. C’era anche Renato Zero vestito leopardato. Rincuorai mio padre: “dai, non saranno tutti così”».
Sul Corriere della Sera un’intervista a Rosalino Cellamare, in arte Ron. Racconta di quando ha iniziato a fare musica, e di chi ha influito sulla sua carriera. Una carriera che dura da mezzo secolo.
«A 8 anni ho fatto il primo spettacolo cantando 24 mila baci e ballando il twist. Lì ho detto: questo è il mio lavoro».
Dopo quel momento, racconta,
«Sono andato a scuola di canto dalla maestra del paese. Ho cominciato a fare concorsi, accompagnato dai miei genitori perché ero minorenne. A 15 anni fui notato da un talent scout della Rca che mi chiamò a Roma, dicendo che un cantautore voleva farmi sentire una possibile canzone per Sanremo. Incontrai Lucio Dalla. Arrivò con quattro ore di ritardo, tanto che mio padre disse “torniamocene a casa”. Era in sedia a rotelle, tutto ingessato perché aveva avuto un incidente, gli uscivano solo barba e occhialetti. Nell’attesa si avvicinò Renato Zero, ancora non famoso, vestito leopardato. Io rincuorai mio padre: “dai, non saranno tutti così”».
A suggerirgli il nome d’arte ‘Ron’ fu Lucio Dalla.
«Mi disse “basta con sto Rosalino. Poi invecchi, non puoi chiamarti così tutta la vita. Comincia a usare Ron”. Ma Lucio trovava un soprannome a tutti. Aveva un istinto fortissimo, un sesto senso. E con lui si rideva sempre».
Insieme sono stati autori di una canzone meravigliosa, «Piazza grande». Racconta come nacque il brano.
«Partimmo in nave da Napoli per dei concerti in Sicilia. Avevo 18 anni, ero felice. Si addormentarono tutti sul ponte e io presi la chitarra: non avevo mai scritto nulla. Lucio si svegliò e mi chiese “cos’è sta roba?” Si mise a fare l’inciso, lo unimmo alle mie strofe. In 20 minuti avevamo la musica. Pensai: “Allora ce la faccio anch’io”».
Tra i suoi ricordi anche quello dell0incontro con Sofia Loren.
«Con Lucio a inizio anni 70 scrivemmo la musica per un film di Monicelli con Sophia Loren, La Mortadella. Lei doveva cantare e mi dissero di entrare in studio. Vidi questa donna di una bellezza infinita e svenni. Mi chiese: “Senta, ma lei canta? Scusi, ma vivo a New York”. Il giorno dopo tornò col mio 45 giri per farselo firmare. Questo ti fa capire chi è una persona».