È a Sorrento per la presentazione del suo ultimo “Nuovo dizionario sentimentale” (Marsilio). «Repubblica era nata senza lo sport, hanno fatto nove pagine su Jacobs e Tamberi»
È a Sorrento Giampiero Mughini per la presentazione del suo ultimo “Nuovo dizionario sentimentale” (Marsilio) che è il secondo tomo – più atlante che dizionario – del suo fortunato testo del 1992, bestseller saggisitico-narrativo insieme al suo odiatissimo – dalla Sinistra – “Compagni addio (Mondadori, 1987)”. È un po’ più stanco di come lo ricordavamo ma “sempre lucido intellettualmente e con più esperienza del dolore”.
Il suo nuovo testo spazia da alcune considerazioni su Via Rasella, al racconto delle ultime ore di Marco Pannella “uno dei più grandi scassacazzi sul piano umano, dalla strabordante personalità politica, a cui noi italiani dobbiamo il divorzio”, ad una bella intervista a Leonardo Sciascia che in sé varrebbe il prezzo del libro.
Bella prosa, puntigliosità nel raccontare le vicende politiche ed erotiche: “la lussuria però non riguarda il sesso ma l’immaginazione”.
Parla dei giornali e ricorda la sua Olivetti 32 e la sua Valentine disegnata da Ettore Sottsass: “ora si scorrono i display dei telefonini ed i ragazzi non amano più i libri come li amavamo noi”.
E giù a parlare degli amici de “Il Fatto quotidiano” come orfani di Giuseppe Conte alla Presidenza del Consiglio: “non riesco a capire il perché sono tanto contrari a Mario Draghi che è una risorsa straordinaria per questo Paese claudicante”.
Ricorda Eugenio Scalfari – Mughini – e quando nacque il quotidiano la Repubblica nel 1976: “Scalfari scrisse che non avrebbero parlato di sport, né messo foto. Il 1° di agosto di quest’anno hanno fatto nove pagine sulle imprese di Jacobs e Tamberi… Infatti un giornale che non parlasse di sport sarebbe delittuoso”.
E ancora: “Io li conosco tutti i personaggi della politica e del giornalismo e so quando dicono delle cose e a cosa mirano: io nella mia vita ho badato solo alla lealtà ed alla amicizia”.
Poi parlando dei suoi libri: “Io non cerco di convincere nessuno, ma con una lingua complessa racconto non il bianco né il nero ma le duecento sfumature del grigio di cui è fatta la nostra realtà, figuriamoci le persone”.
“L’unico grande rammarico della mia vita sono stati i tradimenti degli amici”. Il testamento di un uomo generazione che ancora oggi su ”Dagospia” parla della realtà che accade con quelle sue velature malinconiche ed allegoriche.