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«La medaglia con Tamberi è stato un momento di puro sport, con un altro avrei continuato la gara»

Il qatariota Barshim alla Gazzetta: «Se siamo riusciti a superare la paura di non poter più gareggiare, come ci dicevano i medici, è anche perché ci siamo sempre incitati a vicenda»

«La medaglia con Tamberi è stato un momento di puro sport, con un altro avrei continuato la gara»

La Gazzetta dello Sport intervista Mutaz Essa Barshim, il qatariota che ha condiviso con Gianmarco Tamberi la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo. Uno dei momenti più emozionanti dei giochi.

«E’ stata una decisione presa sul momento e la cosa divertente è che solo un anno fa ne avevamo pure parlato, sognando a occhi aperti. Ci dicevamo: immagina se vinciamo entrambi l’oro come sarebbe bello. Ma ci è venuto in mente dopo. Sul momento è stata una sensazione incredibile, ma naturale. Abbiamo vissuto lo stesso grave infortunio, temendo di non poter più gareggiare, invece siamo riusciti ad arrivare a Tokyo. Abbiamo investito forza mentale e fisica, sostenendoci a vicenda. Tutto ciò crea un legame molto forte. Sapevo cosa significasse per lui questa medaglia e lui per me. E’ bastato uno sguardo per capire che era l’unica cosa da fare».

Continua:

«Noi atleti siamo competitivi per natura ma la competitività a volte va messa da parte, perché alla fine
condividiamo passione, l’intensità di momenti vissuti al di là di ogni difficoltà. Condividere questa medaglia con Giammarco in fondo è stato un momento di puro sport».

Con un altro atleta sarebbe stato diverso, dice.

«Sarebbe stato diverso. Con Giammarco ho condiviso molto, in carriera e non solo. Con un altro probabilmente avrei continuato la gara».

E ancora:

«Condividere l’oro non è una vittoria diminuita, ma il contrario. Me lo dicono tutti: questa doppia medaglia è qualcosa di storico. E poi: two better than one».

E la prossima sfida con Tamberi?

«Si dovrà accontentare dell’argento… (ride). Scherzi a parte, ci siamo affrontati forse in una delle sfide più dure della storia delle Olimpiadi, e dopo aver superato la paura di non poter più gareggiare, come ci dicevano i medici. Se ci siamo riusciti è anche perché ci siamo sempre incitati a vicenda. Continueremo a farlo. Ci divertiremo ancora».

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