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L’avvocato Mascia: «I giocatori non possono essere obbligati dai club a vaccinarsi»

A Tuttosport: «Se un presidente minacciasse l’esclusione dalla rosa o altre sanzioni, potrebbe ipotizzarsi il reato di minaccia o di tentata violenza privata. Lo dice la Costituzione»

L’avvocato Mascia: «I giocatori non possono essere obbligati dai club a vaccinarsi»

La questione dei calciatori no-vax tiene banco. Tuttosport intervista, sul tema, l’avvocato Maurizio Mascia, protagonista in passato di diversi processi legati al mondo del calcio. Nessun club può obbligare un calciatore a vaccinarsi, spiega.

«Per l’articolo 32 della Costituzione ‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge’. In sostanza, il diritto alla salute del singolo individuo – l’unico espressamente definito ‘fondamentale’ dalla Carta Costituzionale – di norma prevale sull’interesse della collettività, a meno che una legge dello Stato intervenga per limitare il primo onde preservare il secondo. Ebbene, a oggi nessuna legge statale pone l’obbligo del vaccino per gli atleti, in particolare per i calciatori professionisti. Per cui, se il rappresentante di una società professionistica prospettasse ai suoi tesserati che non hanno intenzione di vaccinarsi, l’esclusione dalla rosa della prima squadra o altre sanzioni contrattuali, potrebbe ipotizzarsi il reato di minaccia o di tentata violenza privata».

La legge che ha introdotto l’obbligo per il personale sanitario non può essere estesa ad altre categorie.

«Tale legge è di stretta interpretazione, cioè non è applicabile per analogia agli atleti professionisti sia perché limita il diritto alla salute in deroga al divieto generale di trattamenti sanitari obbligatori ex art. 32, II comma, della Costituzione, sia perché – violando la giurisprudenza costituzionale – non prevede un indennizzo per chi deve vaccinarsi, sia perché il suo chiarissimo presupposto è lo svolgimento di un’attività a contatto con il pubblico, ossia un numero indeterminato di persone spesso malate. Un’attività ben diversa, quindi, da quella dei calciatori professionisti, in cui i contatti avvengono con soggetti tracciati, cioè monitorati».

Anche la Figc può poco.

«Il protocollo Figc può intervenire solo sotto l’aspetto della persuasione amichevole».

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