ilNapolista

Jerry Calà: «Ruppi coi Gatti perché Bud Spencer mi disse: o il film con me o loro»

A Libero: «C’erano già problemi di convivenza. L’incidente fu una svolta. Decisi che prima venivano la vita, la famiglia, gli amici, dopo, molto dopo, il lavoro»

Jerry Calà: «Ruppi coi Gatti perché Bud Spencer mi disse: o il film con me o loro»

Su Libero un’intervista a Jerry Calà. Racconta che avrebbe voluto fare l’insegnante.

«Avrei voluto fare il prof. Come mia madre. Mio padre invece era interprete, da lì la mia passione per le lingue, anche morte: avevo 8 in greco e latino emi ero iscritto a Lettere Classiche a Bologna. Finché mi ha chiamato Umberto Smaila che faceva giurisprudenza con scarsi risultati anche lui. “Jerry, noi molliamo tutto e tentiamo al Derby di Milano. Vieni con noi?”. A rispondere ci misi un nanosecondo. L’avventura iniziò nel luglio del 1971».

Furono gli anni dei Gatti di Vicolo Miracoli. Racconta perché il gruppo si sciolse.

«C’erano già dei problemi di convivenza: io e Umberto puntavamo più al cinema e alla grande tv, mentre Ninì e Franco puntavano più in alto, sul teatro. Ci eravamo dati un anno di tempo per capire che cosa fare. La crisi coincise con una mega offerta che mi fecero per girare da solo tre film; quando lo dissi ai ragazzi s’incazzarono. Però io, per mesi, feci le due cose: i film da solo e le serate con i Gatti. Ero distrutto, non ci stavo dietro. Finché, rientrando una notte sul set di Bomber sbattei contro Bud Spencer (protagonista del film). Mi disse, ruvido: “Così non va, devi scegliere, o una cosa o l’altra, sennò fai male tutte e due”. Così scelsi».

Continua:

«Con Franco e Ninì ci riconciliammo quasi subito. Umberto invece era un osso più duro, ma alla fine ci riprendemmo. Anzi lui, essendo un grande musicista, compose le colonne sonore di alcuni miei film. Come Odissea nell’ospizio uscito su Chili, dove c’eravamo tutti».

Calà recitò anche la parte da protagonista in “Diario di un vizio” di Marco Ferreri. Al botteghino fu un flop.

«Per Diario di un vizio, un film difficilissimo, vinsi il premio come migliore attore, datomi da quegli stessi critici italiani che, anni prima, mi avevano massacrato per i film comici; mi invitarono a cena, pacche sulle spalle. Poi tornai ai film comici, e ricominciò il massacro. E dire che c’era in platea il regista Werner Herzog, il quale mi disse che a mio figlio avrei dovuto far vedere quale capolavoro d’interpretazione avesse fatto papà. Anni dopo, lo feci vedere a mio figlio».

Parla dell’incidente del 1994, in auto, quando quasi si ammazzò.

«Fu una svolta. Ero sulla statale in rientro da Verona: prima cena con mia madre, poi serata da Smaila a cantare e ballare dopo aver girato un film tutto il giorno. Ero stanchissimo, un colpo di sonno mi buttò fuori strada. Il non avere la cintura mi fece sbalzare dall’abitacolo nello schianto. La fortuna è che la temperatura sotto zero mi bloccò l’aorta recisa. Da allora ho cambiato la prospettiva: prima la vita in sé, poi la famiglia, gli amici e il lavoro molto più in fondo».

 

ilnapolista © riproduzione riservata