Intervista ad Avvenire: «Io, escluso da Tokyo perché avevo il Covid. La Federazione internazionale non mi ha ascoltato, sembravano indignati per le mie richieste».

Avvenire intervista Clemente Russo. Il prossimo 27 luglio compie 39 anni. Ha vinto due medaglie d’argento olimpiche a Pechino e Londra, ma non sarà ai Giochi di Tokyo per il rifiuto della Federazione internazionale.
«La Federazione italiana mi ha aiutato, ma quella internazionale no. Non si trattava di fare figli e figliastri, ma di capire le esigenze. Non sono potuto salire sul ring per il torneo di qualificazione perché ero a letto col Covid. Poi hanno annullato il torneo di qualificazione, andando a riprendere il ranking del 2017. Ma vi rendete conto? Sono passati quattro anni. C’è gente che ha messo su la pancia, ma pur di andare alle Olimpiadi si rimetterà la canotta. Così ne risente lo spettacolo. Invece io, che sono allenato, non sono nemmeno stato ascoltato. E dire che non sono l’ultimo arrivato. Ho vinto medaglie olimpiche e mondiali. Invece sembrava quasi che i dirigenti della Federazione internazionale fossero indignati per le mie richieste considerate eccessive».
Potrebbe essere ripescato in caso di squalifiche per doping o di infortuni, ma non ci crede nemmeno lui. Nel frattempo, i fatti gli hanno dato ragione: tutti gli arbitri della boxe a Rio 2016 sono indagati per corruzione.
«Certo che avevo ragione. Non sono mica un ragazzino che scende dal ring piagnucolando perché gli hanno rubato il match. Ero sicuro di quello che dicevo. Sentivo i miei cazzotti quando arrivavano. I suoi invece non li sentivo. Ma tanto mica mi ridaranno le medaglie perse».
Sulla chiusura delle palestre per un anno e mezzo a causa del Covid:
«È stato ingiusto. Se si può volare in aereo attaccati, se sono aperti parrucchieri e centri estetici, perché le palestre no? In palestra sono tutti distanziati. Mica vuoi prenderti in faccia il bilanciere del tuo vicino di esercizio. Ma chi sta al Cts non ha idea di come funziona una palestra. Questa decisione ha provocato tanto disagio nei più giovani. Se togli lo sport a un ragazzino e lo metti davanti a computer e playstation lo hai ammazzato».
Continua:
«Vedo tanti adolescenti che si mettono le cuffie e buttano la testa nel computer. Per loro il mondo è quello, conoscono le ragazze lì, poi vanno al primo appuntamento e non dicono una parola. Non sto dicendo che noi eravamo meglio, perché il mondo va in quella direzione e noi dobbiamo assecondarla. Ma noi genitori dobbiamo dire ai ragazzi: “Va bene, gioca e fai la tua guerra al computer con le cuffie. Ma poi vai in palestra o fatti una corsa”. Perché il mondo è anche lì fuori».