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Alba Parietti: «Ho salvato la biblioteca personale di Lev Tolstoj. Servivano 15 milioni, li misi io»

Al Corriere: «Non improvviso mai, mi preparo. Distraevo il pubblico con le gambe, ma poi lo tenevo inchiodato con le argomentazioni» 

Alba Parietti: «Ho salvato la biblioteca personale di Lev Tolstoj. Servivano 15 milioni, li misi io»

Il Corriere della Sera intervista Alba Parietti. Il 2 luglio ha compiuto 60 anni, ma dice di sentirsene «Trenta». Li ripercorre attraverso delle immagini.

Da adolescente si descrive così:

«Sono una ragazzina bella, ma inconsapevole. Ho i capelli lunghi e scompigliati, piaccio a tutti i maschi. Sono uno strano animale aggressivo, spudorata, e racconto un sacco di balle».

Poi gli anni Ottanta, l’incontro con I Gatti di Vicolo Miracoli e con suo marito, Franco Oppini. E l’inizio di una vita diversa, con tante esperienze di lavoro nelle tv private, fino al salto nel mondo del calcio, con lo sbarco a Galagoal, a Telemontecarlo. «Con Galagoal ho inventato un nuovo modo di fare televisione», dice, e racconta:

«Un’intuizione di Ricardo Pereira, e da lì stravolgo la messa cantata del calcio maschile. Ho una gran faccia tosta, ostento una sicurezza che mette a disagio gli uomini, ma sono preparata, mi aiutano dalla redazione e studio tanto. Da quel momento tutti si accorgono di me, Rai, Mediaset, mi chiamano Berlusconi, Agnelli, vengono in trasmissione Maradona e Pelè, scrivono di me il New Yorker, Le Figaro…».

Diventò famoso il modo in cui sedeva su uno sgabello con le gambe accavallate.

«Quel gesto rappresentava consapevolezza e distacco. Distraevo il pubblico con le gambe, ma poi lo tenevo inchiodato con le argomentazioni. Certo, c’era anche un po’ di narcisismo. Pensare che quello sgabello serviva a tutto: trucco, telegiornale, trasmissione. Chissà che fine ha fatto».

Continua:

«Gli anni Novanta furono un pozzo di guadagno incredibile. Dopo Galagoal cominciarono a offrirmi 35 milioni a puntata, qualunque cosa facessi. Firmai un contratto con la Ip per un miliardo. È vero che come ho già raccontato rinunciai ai 9 miliardi che mi offriva Berlusconi per lavorare tre anni a Mediaset, ma forse ne guadagnavo due l’anno».

Racconta gli incontri con i famosi, da Versace a Nicholson, dai Duran Duran a Oliver Stone. E indica Ezio Bosso come il più emozionante.

«Era una delle poche persone davanti alle quali mi sentivo in soggezione. Nella sua tragedia immane ha messo in scena la sua malattia, condividendola con la musica. Sarebbe bello raccontare questi personaggi anche nelle zone d’ombra, perché hanno sviluppato il genio attraverso grandi dolori che li hanno resi crudeli. Con lui fu un rapporto devastante».

Parla di una storia avuta col musicista.

«Non c’è nulla di male nell’ammettere che ci sia stata una storia, complessa, dolorosa e pericolosa, irripetibile, che mi è costata moltissimo sul piano emotivo, ma che sono felice di aver vissuto. È stato un sogno a tratti meraviglioso, fuori da ogni logica umana».

La Parietti racconta di aver salvato la biblioteca personale di Lev Tolstoj a Jasnaja Poljana.

«Salvata con i miei soldi. L’Associazione Italia-Russia di Bologna lanciò l’appello a Domenica in per salvare la biblioteca, che rischiava di essere devastata dai topi, dall’umidità: i libri andavano rilegati. Chiesi quanti soldi ci volevano, dissero 15 milioni di lire e li misi io».

Parla anche di Fellini:

«Mi chiamava “faccia da mascalzone”. Purtroppo il mio segretario ha buttato le lettere che mi aveva scritto. Non si affidano agli altri le cose importanti, ho sbagliato io».

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