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Sinner: «Papà cucina, mamma serve ai tavoli, bisogna stare calmi. Il tennis per me è lo stesso»

L’altoatesino a El Pais: “Ho scelto il tennis perché nello sci scendi da una collina per un minuto e mezzo, e nel momento in cui commetti un errore non puoi più vincere”

Sinner: «Papà cucina, mamma serve ai tavoli, bisogna stare calmi. Il tennis per me è lo stesso»

Jannik Sinner San Candido, anni 19, trova di nuovo sulla strada il suo mentore, Rafa Nadal. El Pais lo ha intervistato come molti altri in questi mesi, cercando di raccontare uno dei grandi talenti del tennis nei suoi aspetti più intimi. Impresa non facile: l’altoatesino ha fama da cyborg in campo e fuori.

Il suo approccio al tennis la dice lunga sul tipo.

“Da bambino ho sciato, giocato a calcio e anche a tennis, ma la racchetta non è stata il mio primo sport. Lo praticavo solo un paio di volte a settimana e in campo mi divertivo, mi divertivo molto. Ora ovviamente le cose sono cambiate, ma mi piace ancora giocare. Non ho iniziato a guardare molto tennis sa 13 o 14 anni. Seguivo di più le gare di sci, ma c’è stato un momento in cui ho iniziato a vederlo di più per Andreas Seppi, che è vicino a dove sono cresciuto. E poi Federer”.

Sci o tennis, vuoi mettere?

“A 13 anni e mezzo decisi di andare a Bordighera, all’accademia Riccardo Piatti. È stata una mia scelta e ho deciso di lasciare il calcio e lo sci alle spalle. Penso di averlo fatto perché mi piace molto giocare e non c’è molto da giocare nello sci. Scendi da una collina per un minuto e mezzo, e nel momento in cui commetti un errore non puoi più vincere. Non mi piaceva essere settimo o ottavo in una competizione, quindi ho scelto il tennis”.

La sua etica del lavoro, e il sangue freddo, li spiega così:

“Tutti i giocatori si innervosiscono durante una partita, ma cerco di stare calmo perché le partite possono essere molto lunghe. Penso di doverlo ai miei genitori, che hanno lavori molto semplici; mio padre è un cuoco e mia madre serve i piatti nello stesso ristorante. Hanno molto rispetto per il loro lavoro e credo che mi abbiano trasmesso quella mentalità: rispetto per il lavoro, rispetto per tutti, impara ad accettare che in campo può succedere di tutto. La stessa cosa succede lì al ristorante: tutto può succedere e bisogna stare calmi”.

 

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