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Signorini: «Dopo la “mano de Dios” dissi a Maradona che era una merda, non si bara»

Il preparatore storico a La Nacion. «Nel 90 a Napoli, prima di Italia-Argentina, il primo che ci seguiva in moto era il boss Giuliano. A Usa 94 lo fecero fuori»

Signorini: «Dopo la “mano de Dios” dissi a Maradona che era una merda, non si bara»

Tra di loro si chiamavano “cieco” e “testa di maiale”. Il cieco è Fernando Signorini, il preparatore storico di Maradona. Maradona è “testa di maiale” (“perché era testardo”). Signorini ha passato una vita intera intorno a Diego (meno a Maradona, per lui sono due entità a parte) e di lui parla in una lunghissima intervista in 100 domande concessa a La Nacion. Un racconto per aneddoti, alcuni inediti, della vita di Maradona vista dal dietro le quinte.

Signorini va molto fiero di aver battuto ai rigori Maradona. Ha i testimoni, dice.

“Diego tardava a tornare dall’Argentina. Mi ha chiamato un giorno e mi ha detto che il sabato sarebbe arrivato a Fiumicino, quindi ho detto alla società che domenica saremmo andati a Soccavo, per allenarci un po’. La voce corse velocissima, e quando arrivammo c’era Carmine Giuliano, il capo del bar, con diversi ragazzi, i tamburi, e le bandiere. C’erano 10 o 12 giornalisti. Facemmo una gara di rigori. Eravamo nove pari. Diego tira il decimo e colpisce il palo. Dovevo tirare l’ultimo e mi colse un dubbio esistenziale: Cosa faccio? Lo metto dentro e lo avvilisco emotivamente?. Ma mi sono subito convinto del contrario: “Nooo, è l’unica volta che posso battere questo figlio di puttana!”. Così ho segnato, ho vinto e lui mi ha chiesto la rivincita. “No, per me questa è stata la finale del Mondiale”, gli dissi”.

Signorini racconta del primo incontro, del contratto non firmato mai (“basta la stretta di mano) e di quando decise di andare a Napoli:

“Claudia mi ha chiamato per dirmi che stavano firmando con il Napoli e siamo andati a casa di Diego per festeggiare. All’arrivo ho visto tante persone che non conoscevo, la piscina era rosa di champagne, insomma c’era una certa mancanza di controllo e me ne andai. Non sapevo se mi avrebbe portato in Italia, Ma dopo tre giorni, bevendo mate in piscina, Diego mi ha detto: “Preparati, dopodomani andiamo al Napoli”.

Racconta della preparazione fisica per il Mondiale del 1986.

Ho visto che il ciclista italiano Francesco Moser aveva ottenuto il record dell’ora a Città del Messico e ho pensato che sarebbe stato utile sapere come si era preparato, perché Diego avrebbe dovuto giocare a Città del Messico. Ho scoperto che lo aveva fatto con Antonio Dal Monte, medico italiano, biomeccanico, dottore in medicina spaziale e capo della ricerca alla Ferrari. Sono andato a trovarlo, gli ho raccontato lo scopo e per tre mesi, nel 1986, prima del Mondiale, siamo andati tutti i lunedì con Diego a lavorare con lui a Roma. Facevamo un primo turno la mattina, poi pranzavamo a casa di Dal Monte con la sua famiglia, gente squisita, e nel pomeriggio un secondo turno. Gli hanno fatto tutti i tipi di controlli: biomeccanica, supporto, volume di ossigeno che poteva consumare, quanto tempo ci voleva per riprendersi, ha imparato come avrebbe dovuto respirare, era come un sussulto. Dal Monte era in soggezione con Diego. Un giorno, tra tante misurazioni, mi disse: “Il tuo amico sarebbe stato un eccezionale collaudatore di aerei da guerra”. Gli ho chiesto perché. “Perché ha un campo visivo che non è comune nei mortali.” I famosi “occhi sul collo”. Sorprendente. E ancora più incredibile che dopo tanti anni ho scoperto lo stesso in Messi”.

Altra perla: Signorini racconta di aver “cazziato” Maradona per il gol di mano all’Inghilterra…

Gli ho detto che era una merda a barare. A volte penso che sarebbe stato bellissimo se, appena dopo il gol, alzandosi, Diego avesse guardato l’arbitro e avesse detto: “L’ho segnato con la mano”. Sarebbe stato fantastico come messaggio. Perché la malizia è una cosa, ma quando sei a terra e la palla è entrata, sai che hai barato. Lo sport, come costruzione culturale, deve servire a migliorarci, se no a cosa serve? Lo sport è un’arma formativa e deve essere un trasformatore della stessa realtà che lo danneggia ed erode, soprattutto la violenza e il fanatismo esasperato che si confondono con la passione”.

E il secondo gol, il più bello della storia del calcio?

“Continuo a sostenere che dal punto di vista dell’efficacia Diego abbia fatto un errore concettuale, perché negli ultimi due passaggi ha Valdano solo a sinistra, doveva passare il pallone. Ha rischiato che Shilton e Fenwick lo fermassero. Lo stesso Diego non se lo sarebbe perdonato”.

Bello il particolare dello spogliatoio inglese dopo la partita. Lui entrò mandato da Maradona a scambiare tre maglie.

Wilkins si stava tagliando le unghie dei piedi con un paio di forbici, Barnes si stava asciugando davanti a uno specchio, tutti chiacchieravano con grande pace. E ho pensato che fosse fantastico: avevano fatto di tutto per vincere, avevano dato il massimo, non ce l’avevano fatta, ecco”.

Maradona perse un’unghia poco prima di esordire a Italia 90.

“Fu per colpa di un ragazzino della Primavera della Roma, un fallo senza nessuna intenzione. Gli si strappò strappato l’unghia dall’alluce del piede sinistro. Dal Monte si inventò una specie di chiodo in carbonio e la incollò”

Mondiale del 94.

“Aveva smesso di giocare, aveva preso 40 chili, ne aveva persi 30, aveva più rischi di infortunio, sapevo anche della sua dipendenza, mi sembrava che non avesse senso. Mi disse che sarebbe stata la prima volta che Dalma e Gianinna avrebbero potuto vederlo in un Mondiale e mi sembrò un motivo convincente”.

Lo portò in un ritiro lontano da tutto.

“Diego aveva bisogno di un posto con la pace, senza le molestie del giornalismo, senza il divertimento che gli forniva la droga, senza lussi, solo natura. Quando mi ha chiesto perché quel posto, ho detto: “Devi tornare a Fiorito”. Una notte, stavo leggendo e ho sentito il rumore dalla porta. Mi sono girato e Diego mi stava fissando. Mi ha fatto un cenno col capo, mi sono alzato, mi sono infagottato e siamo andati a correre e fare esercizio. Ho cercato di sfinirlo e di mettergli la testa su qualcos’altro: scatti, salti, altri sprint, altri salti. Urlavo, chissà cosa hanno pensato gli insetti che dormivano là fuori… Era una notte con una luna d’argento. È stato stupefacente. Finché lui stesso, sbuffando, esausto, mi disse: “Ecco, Fer, ecco”.

Signorini crede che Maradona sia stato incastrato, con il doping (“ho la verità senza prove. Chi può dare le prove, è già sepolto da sette anni e si chiama Julio Grondona”), e ricorda la reazione del Pibe quando gli dissero che l’avevano trovato positivo:

“Siamo andati con il Cabezón (Ruggeri) e con Marcos (Franchi) nella sua stanza. Era buio, Diego disteso a pancia in giù. Mi sono seduto sul letto, gli ho dato una pacca sulla schiena e ho detto: “Dieci, dai, di sopra, siamo fuori”. Ha chiesto cosa fosse successo. “Il nuovo test è stato positivo, ecco, fatti una doccia, ti aspetteremo nella stanza accanto”, dissi brevemente, e ce ne andammo. Due minuti dopo abbiamo sentito un grido di lacrime e un pugno che non so dove ha colpito. Poco dopo apparve nella stanza con la faccia gonfia”.

Diego e la Camorra.

“Il primo giorno a Napoli, Jorge (Cyterszpiler) è andato a parlare con loro. “Tomatales, questo è tutto nostro”, gli dissero. Ricordo il giorno in cui giocammo contro l’Italia ai Mondiali 90: uscimmo dall’hotel Paradiso, io ero all’ultimo posto con Bauza e Fabbri, mi voltai e la prima moto che ci seguiva era guidata da Carmine Giuliano, il boss”.

Signorini parla anche di Don Diego, il papà:

“Don Diego era un uomo con un’enorme cultura della vita. Non intellettuale, ma nei valori, nel saper essere, nel parlare poco e nel dire molto. Gli ho chiesto di quando era ragazzo e di quando è arrivato a Paraná sulla barca. Parlava molto lentamente, tutto quello che diceva veniva letto nella memoria, mi piaceva ascoltarlo. Non parlava con Diego, se diceva 4 parole di fila era già un discorso, erano gesti di approvazione o di disapprovazione, erano sguardi, sorrisi, don Diego sorrideva con gli occhi. Era una persona di una tenerezza infinita, con i nipoti non te lo dico nemmeno, con i ragazzini per strada. Diego ha sofferto molto per la sua morte”.

Al 60esimo compleanno di Diego.

“Ho notato un peggioramento molto preoccupante e ho detto ad un amico: “E’ finita, a Diego non restano più di tre mesi”. Non mi piacevano i gesti, gli occhi come vuoti, occhi senza vita, proprio lui che aveva due occhi che sembravano due palle di fuoco”.

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