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Roberto Bolle: «Il mio corpo è un dono, ma va allenato con sacrificio, altrimenti si disperde» 

A Repubblica: «Mi alleno dalle sei alle sette ore ogni giorno. Sono molto attento a quello che mangio. Non ho mai fumato e bevo vino solo per brindare. Bevo almeno sette litri di acqua al giorno»

Roberto Bolle: «Il mio corpo è un dono, ma va allenato con sacrificio, altrimenti si disperde» 

Repubblica intervista Roberto Bolle: 46 anni, è alto un metro e 82 e pesa ottanta chili. Parla del rapporto con il suo corpo: un dono e una prigione contemporaneamente.

«Il fisico poteva condurmi verso lo sport oppure verso il cinema, ma la passione per la danza si è manifestata precocemente. Già verso i tre anni mi incantavo davanti alla televisione a guardare i balletti e provavo a rifarli. A cinque anni chiesi a mia madre di iscrivermi a danza, mi rispose di continuare a fare nuoto e se l’anno successivo lo avessi voluto ancora, mi avrebbe accontentato. L’anno dopo facevo danza».

Racconta di essere sempre stato consapevole del suo fisico.

«Ho sempre avuto un corpo molto reattivo, flessibile, portato per le discipline sportive, e una consapevolezza innata del fisico che adesso ho imparato a chiamare propriocentrismo. È un dono che va allenato, altrimenti si disperde, ma è un dono».

Spiega:

«Mi alleno dalle sei alle sette ore ogni giorno tra lezioni e prove in sala, stretching e a volte anche palestra. Non seguo una dieta particolare, ma sono molto attento a quello che mangio. Non è una questione di calorie, chiaramente, perché noi ballerini consumiamo molto, ma di qualità. Ho praticamente eliminato la carne, in particolare quella rossa. Mangio pesce, verdure, frutta e, anche se Pif mi prende pubblicamente in giro per questo, molti semi e frutta secca. Non ho mai fumato e bevo vino solo per brindare. Amo molto il cioccolato fondente che mi accompagna anche in sala ballo. Mi nutro con piccoli snack tra una prova e l’altra e bevo almeno sette litri di acqua al giorno».

A quasi 50 anni avverte l’usura del corpo, ma andrà avanti finché riuscirà a farlo.

«Sento l’usura, come qualsiasi lavoratore. Negli ultimi anni ascolto molto di più il mio corpo e devo confessare che il periodo del lockdown è stata davvero una esperienza difficile e angosciante, come mai prima ho avvertito la fragilità della mia esistenza. Andrò avanti fino a quando riuscirò a farlo ad un livello che mi soddisfa, che mi fa stare bene e sentire nel posto giusto».

Bolle racconta il rapporto dei ballerini con la ricerca della perfezione.

«Tutti noi ballerini siamo dediti alla ricerca della perfezione. Abbiamo lo specchio come alleato, a volte amato, più spesso odiato quando non ci restituisce l’immagine di noi che avevamo in mente. È un continuo tentativo di afferrare quello che non si può afferrare. La perfezione. Ma questo desiderio è talmente insito in noi che diventa una forma mentale, con risvolti anche etici. Non accontentarsi, imparare a inseguire un ideale di sé migliore, ti mantiene umile. Che il fisico cambia, noi ballerini lo capiamo già a vent’anni. Impariamo molto presto a fare i conti con uno strumento che non è mai lo stesso, ma mutevole. Per l’età, gli infortuni, i dolori che ci accompagnano ogni giorno e ogni notte e che sono le nostre cicatrici».

Si ritiene un uomo fortunato? Gli viene chiesto. Risponde:

«Sì, ma credo di avere onorato la fortuna con l’intelligenza».

 

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