Michele Placido: «Entrai in Accademia perché raccomandato dalla nonna della mia prima moglie»
Al Corriere: «Anche in polizia entrai perché raccomandato da una parente che lavorava per il ministro Taviani. Volevo fare il sacerdote ma fui cacciato dal collegio per una storia con una suora»

Il Corriere della Sera intervista Michele Placido. Racconta le sue aspirazioni da adolescente: voleva diventare sacerdote. Entrò in collegio ma ebbe una storia d’amore con una suora. Così fu cacciato e costretto ad abbandonare la strada del sacerdozio.
«Ero un ragazzino di 12 anni, all’epoca nutrivo una sincera vocazione e quella storiella fu innocente. Lei si chiamava Antonietta, aveva 18 anni, era suora di clausura ed era addetta nel collegio, dove mi trovavo da quando avevo 9 anni, al cambio della biancheria di noi educandi. Le passavo il mio sacco con gli indumenti attraverso la famosa ruota. Non ci vedevamo, ma sentivo la sua vocina dolce che sbocciava dalla sua bocca che immaginavo soltanto. Cominciammo a scambiarci informazioni: come ti chiami, dove sei nata, lei era di Benevento e veniva da una famiglia molto povera. Poi iniziammo a scriverci bigliettini, una corrispondenza segreta attraverso la ruota. E quando da casa mi arrivavano i pacchi di provviste, con caciocavallo, salumi, dolciumi, passavo anche a lei un po’ di cose da mangiare, perché la sua fa miglia non le mandava niente. Finché arrivò il Natale e quella sera riuscimmo a darci appuntamento di notte nel campo sportivo. Faceva un freddo terribile, io scappo dal mio letto e lei dal convento. Beh… Antonietta, mai vista prima, era bruttarella: lei con la tonaca, io con i pantaloni alla zuava. Cominciammo a consumare le mie cibarie, poi ci abbracciammo, ci baciammo e, forse, qualche altra cosetta… Era il primo corpo femminile con cui entravo in contatto. Lei mi sussurrava “sei il mio sposo: tu e Gesù”».
Placido disse al confessore che aveva peccato. I due furono scoperti e cacciati dal collegio. Racconta le difficoltà a scuola, a causa di un disturbo dell’apprendimento:
«A scuola dovetti fare i conti con il mio disturbo dell’apprendimento. Alle elementari la mia attenzione svaniva quando c’erano materie come matematica, chimica, fisica… mi distraevo, ero un vero ciuccio. Però ero attento alle lezioni di italiano, lì il mio cervello si attivava con energia superiore a quella dei compagni. La poesia mi piaceva molto, sapevo talmente bene quelle di Pascoli che, quando arrivavano a scuola gli ispettori, la maestra me le faceva recitare».
Iscritto dal padre all’istituto tecnico industriale, fu bocciato e i genitori chiesero ad uno zio maresciallo di farlo entrare in polizia.
«Vinsi il concorso con il solo diploma di terza media perché, in verità, ero stato raccomandato: una nostra parente era segretaria dell’allora ministro dell’Interno Taviani. Avevo 19 anni, venni a Roma e mi ritrovai a fare il celerino quando nel ‘68 ci furono le sommosse degli studenti a Valle Giulia».
La carriera di poliziotto fu breve.
«Si chiude la porta della polizia e si apre il portone dell’Accademia Silvio d’Amico. Mi ero preparato per il provino in caserma, dove c’era una biblioteca che nessuno frequentava. Raccomandato pure stavolta. A Roma avevo conosciuto Ilaria, con cui mi ero fidanzato e poi è diventata la mia prima moglie. Sua nonna, Raissa Olkienizkaia Naldi, importante traduttrice di origini russe, era amica di Orazio Costa, allora direttore dell’Accademia. Mi presentai vestito da poliziotto e, qualcuno della commissione, si mise a ridere. Comincio a recitare un brano, ma il mio accento pugliese non aiutava, ero mortificato e pensai: faccio schifo, me ne vado. Ma siccome ero raccomandato, Costa mi trattenne, mi invitò a declamare una poesia. Mentre declamavo, ero demoralizzato, piangevo, sapevo che sarei stato cacciato anche da lì. E invece…».
L’attore racconta anche le sgridate ricevute da Lina Wertmuller.
«Eravamo alle prove per La Cucina di Wesker. Lei mi urlava: sei un cane! Mi prendeva a calci nel sedere, mi umiliava perché non sapevo bene la parte».
Forse per il disturbo di apprendimento, dice, e continua:
«Decisi di mollare tutto, ma Lina mi venne a cercare dicendomi, Michelino tu sei bello, sei bravo, puoi diventare un primattore, perché non impari il copione?».