Il New York Times: «Djokovic è bello, fatevene una ragione. Non è un robot, lui è Houdini»
"Nessuno è mai stato così flessibile, non ha bisogno di essere appariscente. E i suoi difetti lo rendono più interessante dei suoi rivali sobri e perfetti"

Parigi (Francia) 13/06/2021 - Roland Garros / foto Imago/Image Sport nella foto: Novak Djokovic
Non è solo che se vincesse Wimbledon terrebbe in vita il Grande Slam, che tra gli uomini nessuno riesce a chiudere da 52 anni. E’ che si prenderebbe il tennis, Novak Djokovic. E non solo con i numeri. Ma con la bellezza. Il New York Times celebra il numero uno del tennis mondiale, puntando a scavalcare i cliché dell’estetica corrente: “Nole è bello, altroché”.
“Il suo approccio minimalista ridefinisce la padronanza del tennis, scrive il Nyt. E spiega:
“In uno sport che respira l’estetica, che vive del maestoso flusso di punti e del movimento da balletto dei suoi eroi, l’approccio essenziale di Djokovic è divisivo quanto i blocchi di colore di Rothko. Federer ha lo stile di Rembrandt: tutte quelle oscillazioni barocche e i tocchi di grazia. I colpi fisici e avvolgenti di Nadal ricordano i martellanti ganci sinistri di un pugile dei pesi massimi. Ma il gioco di Djokovic ha la sua bellezza. Nessun giocatore di punta è mai stato così flessibile e capace su ogni superficie da torcere e piegare e trasformare uno sprint difensivo folle in un attacco improvviso. Più di chiunque altro nella storia del tennis, Djokovic ha affinato il nucleo fondamentale del gioco: preparazione, equilibrio, spostamento del peso, gioco di gambe”.
“È un minimalista, schietto e non gravato dal bisogno di stile appariscente. C’è un’estetica accattivante in questo? Ci puoi scommettere. Non è un robot. Lui è Houdini”.
E poi “vince… e vince e vince”. Ma non c’è nulla di prevedibile su come Djokovic vinca”. Djokovic, scrive il Nyt, mescola percussioni, potenza, difesa e destrezza, coraggio, grinta e resistenza”. E anche i suoi difetti lo riscattano:
“Djokovic si è dimostrato fin troppo umano nei modi migliori, peggiori e più ricercati. Non si nasconde. I suoi difetti, e l’apertura con cui rivela la sua vita interiore, lo rendono più interessante dei suoi coetanei quasi perfetti e più sobri. Senza di lui, il tennis sarebbe un monotono duopolio”.