A La Verità: «I procuratori non servono. Sono un terzo incomodo e una spesa inutile per le società. A cosa serve l’associazione calciatori se non aiuta i calciatori a liberarsi?».

La Verità intervista Gianni Rivera, primo Pallone d’Oro italiano, nel 1969. Qualche giorno fa ha dichiarato di essere contro il vaccino. Conferma la sua posizione di no vax, e parla di tanti altri temi. Lo sfondo è il calcio. C’è spazio, ad esempio, per il suo rapporto con gli arbitri quando era calciatore.
«Mi infastidivo quando vedevo che gli arbitri avevano un comportamento non indipendente. Come capitano del Milan difendevo i miei compagni e la mia società quando mi accorgevo che inclinavano dalla parte dell’avversario. Allora mi esponevo, se no che capitano sarei stato».
Gli chiedono quale modifica introdurrebbe nel calcio per renderlo migliore. Non ha esitazioni.
«Regolamenterei il ruolo dei procuratori. Fino a qualche tempo fa chiunque poteva inventarsi procuratore di giocatori e allenatori. Adesso sostengono un esame ridicolo per iscriversi a un albo. Mi meraviglio che Uefa e Fifa non intervengano su questa situazione».
Due anni fa ha frequentato il corso allenatori a Coverciano, ma nessuna società di calcio lo ha contattato. Per un motivo ben preciso.
«Nessuna perché non ho procuratori. Credo di poter aiutare una squadra di calcio sebbene non sia più giovane. Anche Dino Zoff ha pagato questa situazione. È stato presidente della Lazio, poi allenatore. Ma quando si è interrotto il rapporto non ha più trovato spazio perché si è rifiutato di farsi gestire da un procuratore».
Nemmeno qualche era calciatore aveva un agente.
«No. Avevo rapporti diretti con il presidente della società per la quale giocavo e rinnovavo il contratto discutendolo direttamente con lui. Oggi i procuratori cominciano a gestire i bambini da quando hanno 5 o 6 anni. So di genitori nauseati perché vanno avanti i bambini gestiti dal procuratore e non i migliori. Ho suggerito di denunciare questa situazione, ma mi rispondono che i loro figli ne avrebbero più danni che vantaggi. Così tutto rimane com’è. Anche le società non si ribellano».
Ne ha anche per l’Assocalciatori.
«Ai miei tempi c’era l’Aic, l’associazione calciatori, che si occupava di aiutarli. Adesso mi chiedo a cosa serva. Abbiamo fatto tante battaglie per liberare i calciatori dalla schiavitù delle società e ora sono ostaggi dei procuratori. Il caso di Donnarumma mi ha molto meravigliato».
Il caso di Franck De Bruyne, capitano del Manchester City, che ha rinnovato il contratto senza ricorrere a procuratori
«è la conferma che i procuratori non sono indispensabili. Ai miei tempi facevamo già senza di loro. Non capisco perché ci debba essere un terzo incomodo che è, per altro, una spesa inutile per le società».
Sugli stipendi dei calciatori:
«In questo particolare momento è una situazione molto pesante per le società. Mi meraviglio che accettino le condizioni imposte dai procuratori».
Sono troppo pagati?
«Non lo so. Se uno chiede 10 e glieli danno, li prende».
Sulla Superlega:
«Mi sono meravigliato che società così importanti si siano imbarcate in quella iniziativa senza preoccuparsi delle
conseguenze che avrebbe avuto su tutto il sistema. Credo che i numeri uno debbano sempre misurarsi con i numeri cinque sei o sette. Tutti devono avere l’opportunità di migliorarsi. Magari succede che poi vince la squadra sfavorita. A me è capitato di perdere uno scudetto all’ultima giornata, sconfitto in casa dal Bari che si era appena salvato».