ilNapolista

La terza via del vaccino campano Pfizer: De Luca sceglie i 50 giorni da orsacchiotto

Con la decisione sul richiamo Pfizer – 21 giorni o 42? Facciamo 30 – De Luca fa il cambio di stagione: basta lanciafiamme, è il tempo delle mezze misure

La terza via del vaccino campano Pfizer: De Luca sceglie i 50 giorni da orsacchiotto

Meglio fare il richiamo del vaccino a 21 giorni o a 42? “Meglio 50 giorni da orsacchiotto”.

Meglio la media semi-aritmetica per mettere d’accordo tutti: scienza e coscienza, politica e gestione sociale. 30 giorni. Vincenzo De Luca ha fatto il cambio di stagione: fa caldo per il lanciafiamme, ora è tempo di mezze misure, anzi delle “misure mezze e mezze” come le chiama lui quando sfotte il governo che le adopera. La disfida del bugiardino Pfizer evidenzia la sua anima democristiana.

Riassumiamo: martedì la direttrice medica di Pfizer Italia, Valentina Marino, ha criticato la scelta del Comitato tecnico scientifico di estendere l’intervallo tra la prima e la seconda dose del vaccino a 42 giorni, raddoppiando i 21 giorni prescritti dalla casa farmaceutica. Per un principio banale: “Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni”, ed è bene “attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici”.

Il CTS dice di basare le proprie valutazioni sull’esperienza del Regno Unito, tenendo in considerazione le autorità sanitarie degli Stati Uniti che indicano come “accettabile” un richiamo entro i 42 giorni. Si tratta, anche, di una scelta politica: diluire nel tempo la programmazione delle seconde dosi garantisce una maggiore disponibilità nell’immediato per le prime.

Come dire: l’antibiotico va preso ogni 6 ore, ma decidiamo di prenderlo ogni 12 ore perché così possiamo prenderlo in due. E siamo un po’ coperti entrambi. Due un po’ coperti è meglio di uno totalmente coperto e uno no. In estrema semplificazione.

Il passo successivo, come per tutta la gestione della pandemia italiana, è complicato dalle Regioni, cui spetta il compito di aderire o meno alle indicazioni del Comitato tecnico scientifico. Le Regioni fanno un po’ quel che gli pare, come dimostra il caso delle “isole Covid-free” (qualsiasi cosa significhi la definizione totalmente a-scientifica): il commissario Figliuolo aveva pubblicamente detto alla Campania di non derogare al principio delle priorità imposte dal governo, e De Luca se ne è fregato. Capri, Ischia e Procida hanno completato la vaccinazione, Figliuolo è rimasto al comunicato di avvertimento, facendo un po’ la figura del commissario di cartone.

“Io guardo con terrore alla campagna di somministrazione dei secondi vaccini, non la sta seguendo nessuno in Italia. Qui abbiamo fatto la scelta inglese: facciamo le prime dosi almeno e poi chi vivrà vedrà. Ma l’immunizzazione durerà 6 mesi, 8 mesi, un anno. Poi bisognerà ricominciare a fare i vaccini ad uno ad uno. Noi stiamo cercando di fare anche il piano parallelo per le seconde vaccinazioni”.

Siamo al piano parallelo. La Campaniashire, il quinto stato del Regno Unito.

E qui interviene l’orsacchiotto, che Troisi ci perdoni: tra i 21 giorni prescritti dalla Pfizer, il leone, e i 42 consigliati dal governo, la pecora, ecco la sintesi campana, “facciamo 30 giorni e sto”. Così non si scontenta nessuno, evitiamo arrembaggi e ricorsi al Tar (come nel Lazio) e non giochiamo – non troppo, almeno – con la salute della gente.

La Regione ovviamente l’ha spiegata in burocratese: «clausola di salvaguardia gestionale». Vuoi mettere?

Una precauzione organizzativa, contabile. Dettata da motivi di carattere ragionieristico più che scientifico. Il tentativo di “ciaccare e medicare”, come si dice.

Il punto non è chi ha ragione – l’evidenza scientifica è un dittatore responsabile, in questi casi – ma è d’opportunità. Come fa un governo regionale a prendere una posizione terza (per quanto razionale possa sembrare) sulle modalità e tempistiche di somministrazione di un farmaco? Che competenze ha? Il rischio è quello di trasportare un dibattito che manco dovrebbe esserci sul piano della trattativa: 21, no 42, vabbè chiudiamo a 30 e amen. Con un prezzo da pagare anche in termini di credibilità, su una materia sensibile come i vaccini e le paure della popolazione.

Ormai la gente, per lo più inattrezzata ad esprimere un giudizio di merito, si rapporta ai vaccini come leggesse un menù al ristorante. E’ la perversione dell’informazione diffusa, orizzontale: l’illusione di poter capire cose che anche chi ha fior fior di specializzazioni e dottorati fa fatica ad interpretare.

Nella confusione generale questa nuova via della conciliazione, scelta da De Luca a dispetto di tutta la sua retorica da battaglia, imprime al dibattito un ulteriore spunto: la pretesa di poter dirimere questioni con il semplice utilizzo della mediazione, anche se non è il caso. Ventuno giorni o quarantadue, anzi trenta… non siamo al mercato. Il risultato finale non è giusto né sbagliato, è una pecora che non fa figuracce e un leone che non morde. Un orsacchiotto, appunto.

ilnapolista © riproduzione riservata