Racconta al Fatto la sua esperienza col Covid: «I negazionisti li prenderei a cazzotti. Milano è anche tanta fuffa, oltre a tanta eccellenza. E Sala non è diverso»
Il Fatto intervista J-Ax. Il cantante racconta la sua esperienza con il Covid.
«Sai, avevo deciso di essere tollerante con i no-vax, avevo letto uno studio americano secondo il quale i negazionisti non vanno mai ridicolizzati, ma vanno affrontati con calma, dati alla mano. Ora che ho avuto il Covid mi verrebbe da tirare dei cazzotti».
Dice che il contagio, in famiglia, è arrivato dall’asilo del figlio, nonostante fosse una scuola in cui venivano rispettate tutte le norme possibili.
«Mai fatto il cazzone in giro. Con mia moglie e mio figlio siamo stati a Milano anche ad agosto, a settembre abbiamo fatto una settimana in una villa a Stresa e basta».
I primi sintomi, che ha scambiato per un comune colpo di freddo, sono comparsi a inizio marzo. Poi, però, ha iniziato a star male anche sua moglie. Nessun sintomo per il piccolo di 4 anni.
«A quel punto ho iniziato a fare i pungidito, erano sempre negativi. Siamo andati a fare i test in farmacia, tutti, anche la mia collaboratrice domestica. Finalmente, dopo sei test negativi, viene fuori che suo marito è positivo. Quindi siamo passati ai molecolari, ce l’eravamo preso tutti».
Mai stato così male, dice:
«Mal di testa terribile, mal di ossa, un mal di pancia da non riuscire neanche ad arrivare in bagno… nulla che somigliasse a qualcosa che avevo già avuto. Per me anche parlare di Covid in “forma lieve” non ha senso, di lieve non c’è un emerito cazzo in ’sta roba».
Ancora oggi la moglie ha mal di testa fortissimi e lui è affaticato.
«Mi sveglio la mattina che sto bene e arrivo alle otto di sera che ho 80 anni».
Ha avuto paura di morire.
«Ho cercato di minimizzare, però in un momento volevo scrivere in un foglio le istruzioni per mia moglie nel caso fossi morto, come si usa il condizionatore, le password…».
J-Ax si scaglia contro Fontana e Gallera.
«Guarda cosa hanno fatto in Lombardia col vaccino anti-influenzale, figurati se poteva andare meglio con quello per il Covid. Fontana e Gallera sono la parte del problema che abbiamo visto, poi c’è il resto, dai problemi dell’eccessiva privatizzazione al fatto che il Covid ha smontato tutta la narrazione patinata su Milano e la Lombardia. Le scene sui Navigli, il non accettare le regole raccontano una città piena di bambini viziati. A Milano c’è questo modo forzato di essere gaudenti, la socialità obbligata per cui per tante persone è un modo di esistere. Poi però scoppia il Covid e la gente scappa sul primo treno, perché non ama davvero questa città, la sfrutta. Quelle immagini, da milanese, non me le dimentico».
E continua:
«Posso sfatare un altro mito? Si dice sempre che al sud è pieno di gente che non fa un cazzo. Be’, a Milano è pieno di gente che non fa un cazzo, dal popolo della notte alla vecchia borghesia che ha casa a “Santa” a quelle famiglie cui c’è uno che ha lavorato e i figli che hanno ereditato tutto. È anche la città in cui si scopa di meno, secondo un sondaggio, quindi manco è vero che ci si diverte così tanto».
E ancora:
«È venuta fuori per come è gestita e per come votiamo noi cittadini. Milano è tanta fuffa, accanto a tanti elementi d’eccellenza».
Anche il sindaco Sala non è esente da colpe.
«Metto anche lui assieme a Gallera e a Fontana e sai perché? Perché continua a fare quello cool. Solo che fa l’influencer col calzino colorato parlando di città green e si dimentica che questa è una delle città più inquinate al mondo. Cerca il consenso, quando dovrebbe fare con i milanesi come si fa con i bambini. Io mio figlio l’ho costretto a fare il tampone, lui ai milanesi dovrebbe dare la pillolina amara, chiudere la città alle macchine, sul modello Londra».