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Il rapporto tra Totò e la sua ombra: Dino Valdi la controfigura del principe De Curtis

Stefano Reali porterà in scena «L’ombra di Totò» che racconta del rapporto di sudditanza con Totò di Dino Valdi senza cui il genio della risata non avrebbe potuto girare gli ultimi 30 film

Il rapporto tra Totò e la sua ombra: Dino Valdi la controfigura del principe De Curtis

Il regista, compositore, sceneggiatore e drammaturgo Stefano Reali, che ha scritto e diretto tanti film per il cinema e per la televisione, è attualmente impegnato nelle riprese della fiction «Storia di una famiglia perbene», ma tra i suoi progetti c’è il Campania Festival la prossima estate, se si uscirà dall’emergenza, con «L’ombra di Totò» di Emilia Costantini, di cui curerà l’adattamento e firmerà la regia.

Il regista racconta al Tempo questo suo progetto di raccontare Totò al termine della lunga segregazione per la pandemia

«Il teatro è il mio primo assoluto amore da quando ho cominciato a 21 anni nel laboratorio di Proietti. Abbiamo bisogno del teatro: non è un ornamento. Non ho alterato il contenuto del testo di Emilia Costantini che nasceva come intervista impossibile alla controfigura di Totò e mi sembrava una proposta interessante in un’epoca in cui i social permettono a chiunque quel “quarto d’ora di celebrità” di cui parlava Andy Warhol. In realtà tale Dino Valdi aveva le sue aspirazioni artistiche che la vita non gli ha riconosciuto. Si è trovato a vivere all’ombra di un genio, ma rivendica il diritto di essere se stesso. Quando Totò diventò cieco, non avrebbe potuto realizzare gli ultimi trenta film senza di lui. Consacrare la propria esistenza a un altro che non esisterebbe più crea uno strano rapporto servo-padrone».

È una sorta di doppio?

«C’è proprio esattamente questo tema. Esisto per me o solo come ombra di chi sfolgora? Anche Totò era infelice senza di lui e lo ha richiamato quando ha avuto il distacco della retina. E’ una tematica pinteriana: chi dei due può essere se stesso senza l’altro? Nessuno dei due. La celebrità di Valdi è solo attraverso Totò. E’ una figura amarissima, che Totò ha trattato sempre bene. C’è anche un problema prettamente italiano: fino a che punto il merito avrà cittadinanza se tutto è occupato dalle caste? Il merito personale denuncia il demerito altrui. Le configurazioni reali possono lasciare nell’ombra come accade ai ghostwriters».

 

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