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Albarella: «Lo stress mentale aumenta le probabilità di infortunio, non sono alibi, è scienza»

Il preparatore atletico a “Il sogno nel cuore”: «Lo stress innalza i livelli di cortisolo, che abbassano il sistema immunitario, dunque si è meno forti»

Albarella: «Lo stress mentale aumenta le probabilità di infortunio, non sono alibi, è scienza»

“Per luogo comune, gli infortuni muscolari vengono associati ad un lavoro scadente dei tecnici e dello staff che coadiuvano gli allenatori, solo perché che conoscono bene le dinamiche del calcio”, così Eugenio Albarella, preparatore atletico ex, fra le tante, di Napoli e Juventus, ai microfoni de ‘Il Sogno Nel Cuore’, trasmissione di 1 Station Radio condotta da Luca Cerchione e Raffaella Iuliano.

«Purtroppo non è così semplice. Una componente molto importante che condiziona l’indice di infortunio è lo stress mentale. Quando si è sotto stress, aumenta la probabilità di infortunio. Chi non vuole capire certe cose, pensa siano solo alibi, ma bisogna avere la giusta conoscenza in materia. Il calcio di oggi è uno sport completamente diverso da quello di un decennio fa: i calendari sono compressi e, ora, con l’avvento del Covid, lo sono ancora di più.

Nessuno dice che ci sono due tipologie di calciatori: quelli normali e quelli che io definisco “animali da competizione”. Quelli normali possono portarsi addosso lo stress di una partita fino a 72 ore dopo l’evento, a ridosso di un’altra partita, ed è per questo che si infortunano più frequentemente. Lo stress innalza i livelli di cortisolo, che abbassano il sistema immunitario, dunque si è meno forti. Lo stress, però, non è legato solo a fattori agonistici. Quello acuto è legato all’adrenalina della competizione. Un esempio che mi viene in mente è il rigore di Di Biagio contro la Francia ai mondiali del ‘98, dove nello sguardo del calciatore si vedeva già la poca serenità e l’alta incidenza dello stress. Al contrario, invece, il rigore di Totti contro l’Olanda nell’Europeo 2000, dove poco prima di calciare avvisò i compagni che avrebbe fatto il cucchiaio. Prevenzione? Oggi non c’è tempo per farla, dunque l’unico strumento che abbiamo a disposizione per abbassare la probabilità di infortunarsi è allenare bene gli atleti».

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