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«Nel tragitto da casa a Cinecittà, Fellini si fermava almeno due volte per telefonare a Giulietta»

Il Giornale intervista l’unica erede del regista: «Giulietta faceva la spesa al mercato, indossava scarpe senza tacchi, i capelli se li lavava da sé. E preparava da sé le tagliatelle al ragù per il suo Federicone»

«Nel tragitto da casa a Cinecittà, Fellini si fermava almeno due volte per telefonare a Giulietta»

Il Giornale intervista Francesca Fabbri Fellini, nipote e unica erede di Federico Fellini. Francesca è la figlia della sorella del regista, Maddalena. Parla del rapporto tra Fellini e la moglie, Giulietta Masina, di cui oggi ricorre il centenario della nascita.

«Lui esaltò la grandezza di lei con capolavori assoluti come La strada o Le notti di Cabiria. Poi però gli altri registi avevano una specie d’imbarazzo a proporre film alla “moglie di Fellini”. Eppure, la sera dell’Oscar a Le notti di Cabiria, quando lei timidamente chiese l’autografo al suo mito Clark Gable, si sentì rispondere: “Stasera sono io che devo chiederlo a te”».

Giulietta, dice, era

«Piccola di centimetri ma enorme di cuore. Con Danny Kaye fu la prima Ambasciatrice di Buona Volontà dell’Unicef. Aveva perso il suo unico figlio Pierfederico, di appena undici giorni: questo l’aveva resa ancora più sensibile. Era una donna di fede: andava sempre a Messa, dove incontrava la mamma di Pupi Avati. Era generosa, concreta: ispirava una fiducia istintiva. Le sue risposte agli ascoltatori di una rubrica radiofonica, prevista per 15 giorni e che invece durò tre anni, divennero un best-seller: Il diario degli altri. Non era una vip: faceva la spesa al mercato, indossava scarpe senza tacchi, i capelli se li lavava da sé. E preparava da sé le tagliatelle al ragù per il suo Federicone».

Il personaggio che Giulietta amò di più, racconta, fu Cabiria

«perché le somigliava. Positiva, battagliera, coraggiosa. Non amò molto, invece, Giulietta degli Spiriti: “Mi è sempre stata antipatica – disse -. Non mi piacciono le mogli succubi dei mariti. Io non sono mai stata sottomessa a nessuno”».

Eppure, dovette sopportare le numerose infedeltà del marito.

«Vivere accanto ad un genio è difficile. Se accetti di farlo sai che può significare anche questo tipo di sacrifici. Quando le chiesero il segreto di un matrimonio durato mezzo secolo, lei rispose: “Bisogna saper abbozzare”. Sacrifici essenziali: sono certa che Fellini non avrebbe regalato al mondo i suoi capolavori senza l’appoggio di una donna simile. E lo zio adorò soltanto lei. Nel tragitto dalla casa di via Margutta allo studio 5 di Cinecittà fermava la macchina un paio di volte per scendere e telefonarle da qualche cabina».

Il fatto di non avere figli, li legò ancora di più.

«Nessuno puntò mai una pistola alla tempia di mia zia per costringerla a restare con lui. Quel che li legava era un rapporto specialissimo: “Non aver avuto figli – diceva lei – ci ha reso figlia e figlio l’uno dell’altra”».

 

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