Lo storico della pedagogia Scotto di Luzio a La Verità: «L’impoverimento culturale porterà ad una marginalizzazione del nostro Paese dai luoghi decisionali che contano»
Su La Verità un’intervista allo storico della pedagogia Adolfo Scotto di Luzio. Il tema è la scuola. L’assenza di scuola in presenza, dice, penalizzerà le nuove generazioni e il Paese intero. La marginalità della scuola è un problema antico, spiega, che il Covid ha reso solo più evidente.
«La scuola non è più nelle competenze dello Stato centrale. Il ministro può consigliare una linea ma poi spetta alle Regioni decidere».
E i dirigenti scolastici sono messi in mezzo tra ministeri e governatori. Sulla Azzolina:
«Il ministro è una figura debole perché l’ordinamento lo ha svuotato delle prerogative istituzionali. Il cuore dalla crisi del sistema scolastico è l’autonomia. Questo vulnus è emerso con maggior evidenza nell’emergenza Covid. Ogni Regione decide per proprio conto. Manca un’autorità politica con la responsabilità di dare l’indirizzo perché deve fare i conti con la moltiplicazione dei centri di poteri. Il governo dice una cosa ma poi deve venire a patto con i governatori. Il messaggio che arriva ai giovani è di una assoluta marginalità della scuola».
Impossibile pensare che si possa andare avanti con la didattica a distanza. Ci sono famiglie che non hanno un computer e nemmeno la connessione.
«Questo sistema non può durare a lungo, non più di quanto è stato finora. C’è il rischio di mandare il messaggio che la scuola non serve a niente e gli insegnanti sono inutili e fannulloni».
La mancanza della scuola penalizzerà i ragazzi.
«Questa è una generazione già fragile culturalmente, debole dal punto di vista degli strumenti intellettuali, della capacità di interpretare il mondo, della capacità critica. La conseguenza della perdita di un anno di scuola, perché di questo si tratta, sarà l’aumento delle differenze sociali di provenienza. Chi ha alle spalle risorse familiari economiche e di relazioni, se la caverà. Sa che potrà compensare quest’anno perso andando nelle migliori università straniere o con lezioni private di supporto. Gli altri porteranno lo stigma di essere la generazione Covid che sta dentro un processo di smantellamento culturale in corso da anni».
Continua:
«Oggi più di ieri si farà sentire il divario tra le famiglie in grado di garantire ai figli un futuro e quelle meno abbienti. In una scuola più debole, il destino delle persone è restituito alle differenze sociali di partenza. Ma allora avrà fallito il suo compito. È un processo che non nasce con il Covid ma con il Covid si è accentuato. La crisi della scuola pubblica è anche la crisi dei meccanismi pubblici di formazione e di selezione delle classi dirigenti. Negli ultimi decenni le élite che hanno assunto funzioni di governo o vi hanno aspirato sono venute sempre più dal mondo delle banche e della finanza».
L’impoverimento dei ragazzi si ripercuoterà sul Paese intero.
«L’impoverimento culturale porterà a un’ulteriore marginalizzazione del nostro Paese dai luoghi decisionali che contano. Abbiamo perso posizioni sul piano strategico, diplomatico, industriale e perfino nel Mediterraneo».