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“Se ti dicono che sono morto, non crederci”, la leggenda di Nuvolari che umiliò i tedeschi con una piccola Alfa

Su Panorama la storia della vittoria al Nürburgring, con la «coccinella» dell’Alfa contro i bolidi Mercedes col doppio dei cavalli

“Se ti dicono che sono morto, non crederci”, la leggenda di Nuvolari che umiliò i tedeschi con una piccola Alfa

La Verità propone oggi alcuni stralci dell’articolo pubblicato da Panorama firmato da Lorenzo Del Boca e incentrato sulla figura quasi mitica di Tazio Nuvolari, mantovano di Castel d’Ario, che, prima di diventare una leggenda dei circuiti automobilistici, fu il profeta di un tempo nuovo.

Nuvolari é stato un precursore, lui che ha scommesso sui primi cavalli a motore in un’epoca in cui avvenne il passaggio dalla società contadina a quella industriale.

Le prime auto da corsa, se così si potevano definire, avevano capacità davvero limitate, basti pensare che in una gara da Parigi a Rouen, il più veloce a percorrere quei 126 chilometri impiegò 6 ore e 48 minuti.

Anche il padre di Nuvolari, possidente proprietario agricolo, aveva acquistato uno di quei portenti della tecnologia:

Il «Nivola» la «rubò», una notte, per verificare che cosa significasse guidare. Aveva 11 anni, e fu facile accorgersi che il suo lavoro sarebbe stato con un volante fra le mani

Gli inizi non furono certo promettenti, né incoraggianti per Tazio che al Circuito del Tigullio ad esempio uscì tre volte di strada e l’ultima volta si ritrovò sullo strapiombo della costiera ligure, l’avantreno anteriore oltre l’orlo del burrone.

«Ma se ti dicono che sono morto», rassicurava la moglie Carolina, «non ci credere perché non è vero». Glielo diceva in dialetto: «Te credet mia …!»

La vittoria di Nuvolari al Gran Premio di Germania di Nürburgring, con la «coccinella» dell’Alfa, contro i bolidi tedeschi, fu una vittoria dell’Italia ma non dell’Italia fascista. I tedeschi erano talmente convinti della vittoria da preparare una corona d’alloro sulla misura abbondante delle teste dei corridori tedeschi. A Tazio, quel trofeo, andava bene per le spalle

Nuvolari restò «indipendente» e al federale Antonio Aghemo che voleva offrirgli la tessera del Partito rispose che la politica non gli interessava. Accettò, invece, l’invito di Gabriele D’Annunzio cui non mancava il senso dell’ironia. A Tazio – «mantovano volante» – regalò una tartaruga

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