Quando Keith Richards scrisse alla zia: «Ho incontrato un tizio che si chiama Mick Jagger, è fichissimo»
La lettera del chitarrista è tra le 30 raccolte in un libro edito da Feltrinelli. Ce ne sono di Baudelaire, Verdi e di Satie, che scrive ad un critico: «Faccia di merda. Vi cago sopra con tutte le mie forze»

Una raccolta di lettere capaci di modificare il destino. E’ “Musica, l’arte delle lettere”, un libro edito da Feltrinelli che ripropone, in parte, il progetto di Shaun Usher, “Lettersofnote.com”. Il volume raccoglie trenta “piccoli gioielli epistolari”, come li definisce Il Fatto, risalenti agli anni dal 1812 al 2019. Lettere di musicisti, compositori, scrittori.
Tra queste c’è anche la lettera che Keith Richard, il chitarrista dei Rolling Stones, invia alla zia Patty. E’ l’aprile del 1962. Ha 18 anni. Le descrive il suo primo incontro con Mick Jagger.
«Cara Pat, scusami tanto se non ho scritto prima (mi dichiaro malato di mente) con voce da sbirro… Sai che mi piaceva Chuck Berry e che pensavo di essere l’unico fan nel raggio di chilometri, ma una mattina alla stz. (così non devo scrivere una parola lunga come stazione) mi si è avvicinato un tizio che conoscevo alle elementari. Lui e i suoi amici hanno tutti i suoi dischi, sono appassionati di rhytm’n’blues, intendo vero R&b. Questo tizio della stazione si chiama Mick Jagger e tutti i suoi amici e le sue tipe s’incontrano ogni sabato mattina al Carousel, un Localino con JukeBox, e be’ una mattina di gennaio passavo di là e ho deciso di andarli a salutare. Mi hanno fatto tutti le feste e mi hanno invitato a una decina di party. Oltretutto questo Mick è il miglior cantante di R&b su questa sponda dell’Atlantico, dico sul serio. Io suono la chitarra (elettrica) in stile Chuck, abbiamo preso un bassista, un batterista e uno alla chitarra ritmica e proviamo due o tre sere alla settimana. Fichissimo. Ovviamente sono tutti pieni di soldi e abitano in certi villoni enormi, pazzesco, uno ha pure il maggiordomo. Ci sono stato una volta con Mick (con la sua macchina naturalmente). Mi sono sentito un vero Lord, per poco non ho chiesto la mia coroncina al momento di andarmene… Gran sorriso, con affetto. Keith XXXXX. Chi altro scriverebbe simili stronzate».
E’ solo una delle missive da sogno contenute nel volume. C’è la lettera di Charles Baudelaire a Richard Wagner, dopo averlo visto esibirsi in un teatro parigino.
«Egregio Signore, voglio farvi sapere che vi sono debitore del più grande piacere musicale che abbia mai provato (….) Mi avete rimesso in sesto durante certi momenti infelici, mi avete ricordato quale grandezza possa esistere».
Il Fatto ne cita anche altre. Le lettere al vetriolo del pianista francese Erik Satie al critico musicale Jean Poueigh, nel 1917.
«Signore e caro amico, quello che so è che voi siete un idiota e, se posso permettermi, un idiota senza il minimo gusto musicale. Soprattutto, non fatemi più stringere la vostra mano sudicia».
Qualche mese dopo avrebbe rincarato la dose:
«A Monsieur Pouegh Faccia di Merda, Celebre Zucca Vuota Compositore per Imbecilli. Idiota schifoso, questa è per voi da dove vi cago sopra con tutte le mie forze»