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La vera lacuna del Napoli è l’assenza, da sempre, di calciatori di personalità

Oggi sono tanti gli scontenti vista la qualità medio-alta della rosa. Ma negli anni non si è mai riusciti a colmare quel vuoto

La vera lacuna del Napoli è l’assenza, da sempre, di calciatori di personalità
foto Hermann

Ti vogliamo bene Rino. Per un po’ ci hai fatto parlare della tua malattia (che ti auguriamo possa passare presto), nascondendo la delusione per questo Napoli. L’allenatore difende sempre i propri giocatori in pubblico. Tu rivendichi i risultati e per certi versi hai ragione. Ripetiamo per i non connessi: Coppa Italia, qualificazione ai sedicesimi in Europa League, zona di vertice in campionato, possibilità di entrare in Champions. Tutto è plausibile, compresa la migliore difesa nazionale, per la felicità degli intramontabili italianisti.

Felici e scontenti

E allora, perché tanti scontenti in giro, una tifoseria fredda, le critiche abbondanti, il gioco non ne parliamo, le ripetute sconfitte in casa, tanto per incoraggiare l’ambiente, e l’assenza di allegria che si legge in faccia agli azzurri quando scendono in campo?

I sei anni che sconvolsero il Napoli

Il vizio d’origine paradossalmente è nella qualità stessa (medio alta) del Napoli. Miglioraresi è spesso detto – una squadra già forte di per sé richiede un investimento in acquisti e ingaggi fuori portata per il gioiellino artigianale di De Laurentiis. La migliore combinazione tra capacità, fortuna e mercato è stata quella d’aver puntato su giovani di qualità e su giocatori in ombra nelle grandi squadre. Non sempre il gioco è riuscito, ma soprattutto nei sei anni di Benitez e Sarri sono arrivati a Napoli giocatori di livello europeo e sono anche maturati giovani calciatori, a partire da Insigne, Mertens, Koulibaly, già forti, ma nell’insieme del gruppo ancora di più (accanto ad Hamsik, Albiol, Reina, Callejon, Cavani, Higuain). Quasi dieci anni (se contiamo anche Mazzarri) di investimenti per una squadra che doveva fare il salto dai postumi della B al lusso della A e delle competizioni europee.

Alla ricerca del gioco perduto

E ora? Da questo pozzo di citazioni, estraiamo il pool di centrocampo. Il culmine del gioco (non ce n’è uno, si recrimina oggi) lo ritroviamo nei tre anni di Sarri – la Grande Bellezza – e in quelli di Benitez, architetto del Napoli europeo.

Di quell’elenco di buoni o grandi giocatori ricordiamo il 15-18 (gli anni) di Sarri e i puntelli di centrocampo messi a sua disposizione: Hamsik, Jorginho, Allan, Diawara, Zelinski e le incursioni di Callejon e le giocate di Reina, che s’interessava pure delle sorti del centrocampo.

Capacità di intendere e giocare

Difficile rifare un centrocampo. È la stella polare del gioco e il marchio di fabbrica di una società. Il ricambio è stato fatto con un metodo quantitativo. Si sono riempite le caselle vuote e questo è bastato per sognare scudetto e minimo quarto posto. Le qualità? Giovani sì; tecnici abbastanza;  geniali non si direbbe; personalità per ora nessuna; attitudine alla regia non è mestiere. La Juve risolse il problema ingaggiando il vecchio Pirlo, marcature no, ispiratore del centrocampo sì. Uscite di qualità, passaggi con genio ed esattezza, licenza di segnare. Il Milan pensò di aver fatto un affare smammando Pirlo alla Juve. Invece, si rivelò un affare (rivoluzionario) per la Juve: benché stagionato, Pirlo era capace di intendere e giocare. Spazio all’intuizione, alla libera posizione in campo, facoltà d’andare a segno.

Gregari a centrocampo

Questo per dire che occorre qualità e personalità in mezzo al campo. E questo è un limite che il Napoli si porta appresso da dieci anni. E che oggi ritorna all’ordine del giorno nonostante la campagna acquisti di gennaio. Se guardiamo al centrocampo di oggi sono stati acquistati quattro gregari. Sicché in mezzo al campo vediamo Ruiz (per favore non ve lo vendete), Zielinski (classe eccelsa, si dice, ma continuità e intraprendenza ancora da dimostrare), gli anonimi Demme, Lobotka, Elmas, Bakayoko. L’errore è stato nel mercato di riparazione di gennaio.

A Napoli si dice che si frigge il pesce con l’acqua. E il povero Gattuso, gregario pure lui nel Pantheon dei grandi allenatori, cerca col suo tourbillon di sostituzioni, moduli e schemi di gioco di metterci una pezza, ma…

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