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McEnroe, Federer, l’Argentina… il tennis era il “secondo sport” dell’ultrà Maradona

Supertennis racconta la grande passione del Pibe per il tennis, che lui giocava (male) con la destra. Un tifoso appassionato, e umile: una volta chiese scusa a Potito Starace

McEnroe, Federer, l’Argentina… il tennis era il “secondo sport” dell’ultrà Maradona

Maradona giocava a tennis. Male. Sarà perché usava il braccio destro. Però adorava il tennis, lo ha detto decine di volte: “è il mio secondo sport”. Era una passione che coltivava in parallelo col calcio, ma da tifoso, appassionato. Ammiratore di talenti altrui. Dall’amore a prima vista a 23 anni, al Roland Garros 1984, quando vide la finale del torneo femminile tra Martina Navratilova e Chris Evert, e poi anche quella del torneo juniores fra la quattordicenne argentina Gabriela Sabatini e la bulgara Katerina Maleeva. L’emozione della piccola Gaby che scorge in tribuna l’idolo del suo Paese: “Che grandissima sorpresa, non conoscevo ancora personalmente Maradona. Dopo la vittoria ho potuto parlare con lui e il ricordo di quell’incontro rimarrà sempre con me”.

E’ solo l’inizio del racconto del Maradona tennista, nell’ultima puntata di “2020 Reloaded” su Supertennis.

Maradona in quell’occasione restò anche per la finale maschile e si innamorò di John McEnroe. Un mancino, come lui e la Navratilova. Da quel momento Maradona frequenta da spettatore, quando può, i più grandi tornei del mondo. E in tribuna tifa. Per Diego Schwartzman, che porta il suo nome ed è grande tifoso del Boca Juniors. Maradona l’ha conosciuto nel 2012 quando faceva lo sparring di Davis e ha cominciato a seguirlo e sostenerlo sin dal successo ATP di Rio de Janeiro 2018.
In Davis Maradona era un ultrà. Nel 2006, contro la Svezia, a partita in corso, manda un bacio dalla tribuna a Robin Soderling che protestava per le intemperanze del pubblico, aumentando la carica dei tifosi sugli spalti. E fa di peggio contro Lleyton Hewitt con la folla che attacca in massa lo scatenato australiano. Segue la squadra argentina fino a Mosca, per la sfortunata finale persa con Safin, che alla fine stringe onorato la “mano de Dios”.
Nella finale di Davis contro la Croazia del 2016 a Zagabria, con Del Potro e Delbonis che vincono la prima storica coppa per l’Argentina, Diego quasi scende in campo insieme ai giocatori, come volesse giocare anche lui. Alla fine, commosso, ottiene in regalo la racchetta del trionfo da Del Potro: “È la più bella emozione che abbia mai vissuto in questi ultimi anni”.

A Maradona piaceva anche molto Fabio Fognini. Al punto che, nel 2017, a Buenos Aires, dopo aver tifato sguaiatamente, per la sua Argentina contro l’Italia, aveva poi regalato la sua famosa maglietta numero 10 al tennista 1 azzurro che aveva battuto Guido Pella in cinque set nel singolare decisivo.

Fognini, ricorda Vincenzo Martucci, davanti alle critiche dell’opinionista tv Giampiero Mughini, contrario alla proposta di intitolare lo stadio San Paolo di Napoli a Maradona, ha recentemente postato sul suo profilo Instagram un laconico: “Mughini chi?”.
Maradona è particolarmente legato a un ex tennista argentino, Alberto Mancini, neo coach proprio di Fognini. Il 21 maggio 1989, il Napoli ospita il Torino al San Paolo proprio il giorno in cui Mancini, fresco campione di Montecarlo, sfida Agassi nella finale di Roma. E Diego, in campo, chiedeva continuamente il risultato a chi era collegato con la radiolina.
Maradona è stato molto vicino a Guillermo Vilas, colpito da una malattia autoimmune. Pochi mesi fa gli aveva inviato un messaggio:
“Caro Willy, ti dobbiamo tante gioie ed emozioni; spero che ti venga riconosciuto SEMPRE il rispetto e la dignità che tutti noi meritiamo, nei migliori come nei peggiori momenti. Mi auguro che tutti noi possiamo essere in questo momento alla tua altezza. Ti mando un grande bacio, leggenda”.

Ma come per molti argentini era Del Potro, il suo idolo. Lo tampinava ai tornei, durante gli allenamenti, chiedendogli di scambiare quale palleggio e di provare rispondere a qualche servizio, ricambiando poi con qualche palleggio con la pallina da tennis.

E così faceva anche con Djokovic:

E ovviamente con Federer, che conobbe al Masters del 2011. Maradona-Federer, la partitella di Dio.

“Maradona è venuto a vedermi, non sapevo come si sarebbe svolto il nostro incontro. Diego aveva le lacrime agli occhi, è molto emotivo e simpatico. Quel giorno sembrava stesse incontrando il suo eroe, mentre era lui il mio idolo: fu una situazione strana, praticamente si era invertita”.

Diego fece piangere Re Roger con videomessaggio sul megaschermo prima dell’esibizione di Buenos Aires:
“Ciao maestro, macchina, come mi piace chiamarti. Sei stato, sei e sarai sempre il più grande. Non c’è nessuno come te. Se hai qualsiasi problema nel nostro paese puoi chiamarmi e dirmi cosa ti serve. Un bacio grande a tua moglie e ai tuoi figli. Sei il più grande di sempre”.
Poi tre settimane dopo Diego gli chiese scusa spedendogli una maglia autografata al torneo di Indian Wells:
“Sul momento, c’ero rimasto molto male, le ingiurie che mi aveva rivolto erano state pesanti e non me l’aspettavo proprio. Non avevo fatto nulla di male. Nel vederlo arrivar allo stadio, avevo pensato tanto al momento in cui gli avrei stretto la mano: l’avevo applaudito tante volte, da bambino, quando giocava nel mio Napoli… Subito dopo, al torneo di Acapulco, mi ero sfogato con un amico comune, l’ex tennista Luis Lobo. E lui, quand’è rientrato in Argentina, ha raccontato a Maradona quanto ne avessi sofferto e perché. Così è nata la storia della maglietta autografata”.
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