ilNapolista

E poi arriva Gattuso che smonta la grottesca narrazione sullo spogliatoio del Napoli compatto

Da un anno ci sorbiamo i racconti su quanto lo spogliatoio del Napoli sia diventato paradisiaco. Poi Gattuso smonta tutto, ovviamente la colpa principale è la sua

E poi arriva Gattuso che smonta la grottesca narrazione sullo spogliatoio del Napoli compatto

La nemesi. La più crudele possibile. Da circa un anno a Napoli, siamo costretti a subire una narrazione che possiamo definire grottesca. Ci sarebbero altri termini, ma suonerebbero offensivi. In soldoni, la narrazione dipinge Gattuso come una sorta di supereroe che grazie al lavoro di gomito, allo stare sul pezzo, all’anima, ha reso reale quella che fino al suo arrivo a Napoli era soltanto un’immagine da spot pubblicitario. L’immagine di Mastrolindo che con la sua spugna trasforma le mattonelle della cucina da color discarica a brillanti. Così – secondo la narrazione – ha fatto lui con il Napoli.

D’improvviso i calciatori che avevano dato vita all’ammutinamento, sono diventati compatti e pronti a giocare l’uno per l’altro. Gli stessi calciatori che prima non venivano allenati – notoriamente si giocava a carte durante le sessioni – poi sono stati trasformati in atleti da competizione olimpica. Potremmo dilungarci, ce ne sarebbe per una vita intera disse quel medico che scrisse un libro non male con un titolo sul termine della notte. Ma ci fermiamo qui. Perché poi è lo stesso Gattuso – che può essere accusato di tutto ma certo non di essere non intelligente e scaltro, qualcuno potrebbe dire furbo – a smontare questo coro di violini che ovviamente gli fa comodo e gli piace. È comprensibile. È umano.

Lo fece la prima volta dopo Barcellona-Napoli, quando i tifosi del Napoli erano tutti ammirati di aver preso tre palloni da una squadra che non si reggeva in piedi. Lo ha rifatto stasera. Ovviamente Gattuso – abbiamo già detto che è scaltro – ha usato un artificio retorico. Ha detto che la responsabilità è sua. Sotto questo bel titolo, questo scudo, però, ci ha messo un bel po’ di altre cose. Ha detto che c’è chi vuole la palla sui piedi, che il Napoli non ha giocato con una sola testa, che ci sono i professorini. Parole che hanno sempre presa sul pubblico. Il popolo si esalta ascoltando queste parole. Non si chiede come mai, dopo quasi un anno elogiato come se avessimo vinto il triplete, siamo ogni volta da capo a dodici. “A ogni occasione importante, succede questo”. Ci guardiamo bene dal ricordare le due vittorie sul Liverpool, a Napoli farlo equivale a commettere reato.

Noi del Napolista, che siamo considerati nostalgici e veniamo insultati a ogni pie’ sospinto – a Napoli è il destino di chi sceglie le sedie del torto -, però non possiamo trattenere un sorriso quando vediamo la narrazione di un anno intero demolita dallo stesso fruitore. Gattuso che va in diretta tv e in soldoni dice che questa non è una squadra, che è un concentrato di egoismi, che non può accettare che i suoi non giochino col coltello tra i denti, è una scena che vale il prezzo del biglietto. Lo fece anche dopo Napoli-Fiorentina. Allora, aveva i suoi alibi. Aveva ereditato una squadra. Adesso, un anno dopo, ci sono anche le sue responsabilità. ma, come ripetiamo da tempo, a Napoli è questione antropologica. E antropologicamente Gattuso è considerato uno di Napoli. Anche se invece Gattuso si è fatto e ha vinto a Milano. Anche lui dovrebbe abbattere questo muro, altrimenti di scene simili ne vedremo ancora tante.

ilnapolista © riproduzione riservata