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Il logorio del calcio moderno, sarà la stagione degli infortuni. “Due giorni di riposo non bastano più”

Approfondimento della Sueddeutsche Zeitung: non vale più il principio “se non sei infortunato, giochi”. Con questi calendari, top player a rischio

Il logorio del calcio moderno, sarà la stagione degli infortuni. “Due giorni di riposo non bastano più”
Ph Carlo Hermann/KontroLab

Jürgen Klopp ha messo le mani avanti da un bel po’: “Se non impariamo a comportarci meglio con i nostri giocatori, uccideremo questo gioco meraviglioso”. E così Pep Guardiola: “I calendari sono folli e uccideranno i nostri giocatori. Non possiamo continuare così a lungo”. Se prima gli infortuni da sovraccarico erano un problema, ora con il calcio condensato dalla pandemia il rischio – statisticamente molto probabile – è che quella appena cominciata diventerà la stagione con il più alto numero di infortunati eccellenti della storia.

La Sueddeutsche Zeitung dedica al tema un lungo approfondimento, che mette in luce i controsensi e le isterie del prossimo futuro. Nella corsa contro il tempo a terminare tutte le competizioni, non si tiene conto dei protagonisti: i giocatori. Soprattutto i migliori, quelli più forti, che giocano titolari nelle squadre migliori e che quindi hanno più chance di andare in fondo alle competizioni.

Il giornale tedesco fa l’esempio di Joshua Kimmich che lo scorso anno, tra Bayern e Nazionale, ha giocato 2.821 dei 3060 minuti possibili. E da settembre il numero di partite aumenterà anche per lui. Si giocherà – ormai è un tormentone – ogni tre giorni. Sempre. Se a maggio il Bayern dovesse arrivare di nuovo in finale di Champions, Kimmich avrà solo due giorni – due – per riposare prima che Löw lo aspetti per l’Europeo. Ed è solo l’inizio, perché in pratica si arriverà al 2022 senza pause: tra la fine della scorsa stagione, le coppe ad agosto, l’inizio di questa, l’Europeo e l’annata ancora successiva si giocherà sempre.

A capo della scienza dello sport per il Bayer Leverkusen, Malte Krüger registra da anni le prestazioni dei giocatori e ne conosce i limiti fisici: “Due giorni di pausa tra una partita e l’altra non sono sufficienti per recuperare”.

Quasi un quarto di tutti gli infortuni degli ultimi dieci anni ha colpito la coscia o il polpaccio. Di solito si tratta di lesioni muscolari e queste a loro volta sono spesso il risultato di un sovraccarico. Questi numeri sono destinati a crescere. Quest’anno in Germania anche la pausa invernale sarà più breve.

Gli esperti raccomandano un periodo senza calcio di almeno quattro settimane in estate e almeno due settimane in inverno. Perché non solo il corpo deve riprendersi dallo sforzo, ma anche la mente. La fase intensiva della stagione è a marzo e aprile, quando si verifica più del dieci per cento degli infortuni. Più che all’inizio di una stagione o a febbraio.

Il fatto che le pause troppo brevi aumentino il ​​rischio di infortuni si può osservare facilmente nelle stagioni che seguono un Campionato Mondiale o Europeo. E non vale solo per il calcio, ovviamente.

Ma i professionisti sono pagati molto bene anche per sopportare questo stress e questi ritmi, è l’obiezione. E’ una valutazione del rischio: quanto ti aspetti che il corpo paghi per soldi e fama? Ma anche la paura del futuro può avere un ruolo. Un giocatore perde il posto se si fa male? Allora deve cercarsi un nuovo club? Un nuovo lavoro? Il calcio professionistico è duro. Anche i club camminano su una linea sottile: da un lato la salute dei giocatori è il capitale del club, dall’altro generano denaro e interessi con le loro vittorie. 

Si cerca di ottimizzare le risorse, di fare ricorso alla scienza e alla personalizzazione della preparazione. Ma andrebbero cambiati i calendari. L’unico spazio su cui le società provano a lavorare è quello delle nazionali, lo stesso De Laurentiis ha annunciato fuoco e fiamme se i suoi giocatori dovessero tornare dagli impegni internazionali infortunati, o persino positivi al Covid.

Lo stress di una sessione di allenamento può porre esigenze diverse a giocatori diversi. Krüger sottolinea: “La cosa più importante è dormire. I ragazzi devono dormire il più possibile, con alta qualità. Non è tanto la durata, che ovviamente gioca anche un ruolo, ma soprattutto la qualità”.

L’articolo si dilunga anche sul ruolo di fisioterapisti e psicologi, per i quali è più complesso raccogliere dati puntuali. Ciò che i club vogliono assolutamente prevenire è l’esaurimento cronico o sindrome da sovrallenamento. “Il sovraccarico per un lungo periodo di tempo può eventualmente portare a un disturbo da sovraccarico e burnout”, afferma lo psicologo dello sport Ecken. Ma nel calcio non è semplice come nella vita normale. Perché i calciatori vivono in un clima ad alte prestazioni fin dall’infanzia. Sono abituati. “I calciatori professionisti sono atleti altamente funzionali che hanno accumulato molta resilienza nel corso della loro carriera”. Ma il sovraccarico cronico è un male strisciante.

Con il monitoraggio i club cercano di mantenere basso il rischio. Sono finiti i tempi in cui si diceva: se non sei infortunato, giochi. “Se dovessimo procedere secondo questo principio, perderemmo la maggiora parte dei giocatori per infortunio in breve tempo”, afferma Krüger.

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