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Osimhen sorride e gioca con la stessa gioia che avevamo noi per strada

La sana invidia di un interista per il nostro centravanti: solo una volta mi è capitato un giocatore sorridente, era Ronaldo. Osimhen all’Inter il sorriso lo perderebbe

Osimhen sorride e gioca con la stessa gioia che avevamo noi per strada

Quando il Napoli ha tesserato Osimhen, ho tipo tirato un sospiro di sollievo perché ho pensato che un ragazzo tanto giovane che veniva da un campionato così poco competitivo e da una piazza sonnolenta sarebbe stato – per quanto tecnicamente e atleticamente valido – triturato dall’esperienza della Serie A, dall’esperienza in una squadra la cui tifoseria chiede molto più di quanto spesso sia lecito aspettarsi.

Poi ho visto Osimhen ridere e mi sono ricreduto.

A me è capitata solo una volta di stare dalla parte di un calciatore che giocava con il sorriso, e quel giocatore era Ronaldo: per il resto la mia esperienza di tifoso è una galleria di musi lunghi, di immagini che sembrano prese dalla galleria di fotografie in bianco e nero di un camposanto. Di Milito ricordo la smorfia che lo faceva somigliare a Sylvester Stallone tempestato di botte in “Rocky”; e poi – solo per stare negli ultimi anni – ecco Coutinho entrare in campo con gli occhi lucidi di “Bambi” quando prova a rianimare la madre morta, ecco Kovacić e Ricky Alvarez; ecco Handanović che credo non sorrida da quella volta che a sei anni ha chiesto a Babbo Natale una bicicletta e s’é trovato sotto l’albero un maglione grigio di lana grezza. E infine Brozović penalizzato da un’onomastica che è onomatopeica. Brozović: prova a dire il suo cognome con me, prova a scandirlo sillaba dopo sillaba come fosse la prima riga di “Lolita”. La senti, la tristezza che ti pervade e che nessuna rimonta a tempo scaduto potrà mai fino in fondo dissipare?

A me vedere questo ragazzo alto e dinoccolato che vola sul campo sorridendo, che si fa sotto ai compagni che segnano ridendo e ballando, ha ricordato la stessa gioia che ho visto venticinque anni fa nel parchetto in via Bachelet dove le partite cominciavano dopo i cartoni animati e finivano solo quando una madre gridava dal balcone. Certo: c’è anche la sua capacità di mangiare lo spazio, di galleggiare negli ultimi trenta metri lasciandosi i marcatori sempre a un metro minimo di distanza; ci sono la preveggenza di Zielinski che va in percussione e la leggerezza di quel colpo di tacco semplice ma illuminato per mandarlo in porta; ci sono i mezzi che fanno di un calciatore un buon giocatore, facilmente un ottimo giocatore. Forse addirittura un campione.

Ma soprattutto c’è quel sorridere in campo che rende tutto più bello, che rende tutto più calcio. E che mi fa dire che sì: io al Napoli lo porterei via domani Osimhen. Ma poi no, meglio lasciarlo dove sta: che uno come lui mi sa che purtroppo, all’Inter, il sorriso lo perderebbe dopo il primo allenamento. E non sarebbe più calcio. E non divertirebbe più né lui né me.

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