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La vulcanologa: «Il mio è un lavoro da maschi, perché l’80% delle donne è “da make-up”»

Sabrina Mugnos al Giornale: «I vulcani più pericolosi? Quelli che stanno zitti, un po’ come le persone. Il Vesuvio? È il vulcano più controllato del mondo, ha stazioni ovunque: se si gratta il naso lo vengono a sapere dappertutto».

La vulcanologa: «Il mio è un lavoro da maschi, perché l’80% delle donne è “da make-up”»

Sul Giornale una lunga intervista a Sabrina Mugnos, vulcanologa. Autrice di un saggio dal titolo «Viaggio scientifico e sentimentale», una panoramica sui vulcani del nostro Paese, con una predilezione per lo Stromboli.

«Siciliani e napoletani vivono alle falde dei loro vulcani, con essi hanno un legame potente. È una filosofia di vita: non so se i vulcani condizionino le persone o, in qualche modo, le persone condizionino i vulcani…».

Racconta la sua passione per la vulcanologia e i suoi studi. Del lavoro da vulcanologo, spesso visto adatto solo agli uomini.

«È un lavoro da maschi, perché l’80 per cento delle donne è “da make-up”. Devi essere un po’ maschiaccio, però adesso qualche guida donna zaino in spalla c’è, a Geologia eravamo quattro gatte, oggi ci sono più studentesse… Rimane un mestiere in cui ti devi sporcare le mani, ti devi infangare, insomma non tanto frufru».

Il suo “Draghi sepolti” non è un saggio solo scientifico, ma un «viaggio sentimentale». Spiega perché.

«Perché lascio il nozionismo scientifico sullo sfondo e parlo delle persone, dei luoghi, delle credenze, gli “stambecchi dell’Etna”, i pistacchi di Bronte, Iddu – Stromboli – che borbotta ed è un faro per le barche, chi scala a Muntagna – l’Etna – di notte, il culto della Madonna sotto il Vesuvio, con le chiese piene di ex voto, San Gennaro martire nella solfatara, Goethe e Leopardi che cantano il Vesuvio “sterminatore”…Parlo degli uomini e delle loro vite alle falde dei vulcani, e di paesaggi meravigliosi».

Sui vulcani italiani, studiati in tutto il mondo:

«Sono tra i più studiati non perché belli, ma perché solo intorno al Vesuvio vivono oltre due milioni di persone e quindi, come il Teide a Tenerife, o Yellowstone, o i Campi Flegrei, che sono immersi nella civiltà, vanno monitorati e controllati sempre».

Sui Campi Flegrei: sono davvero così pericolosi?

«Sono nella categoria dei supervulcani, nei quali una eruzione calderica può cambiare il clima dell’intero pianeta, un po’ come Yellowstone; questo perché i gas e le ceneri, immersi nell’atmosfera in migliaia di chilometri cubi, vanno ad abbassare la temperatura planetaria e a oscurare il cielo».

La Mugnos indica quali sono i vulcani più pericolosi.

«Quelli che per secoli, o per millenni, stanno zitti, un po’ come le persone: era un bravo ragazzo, poi gli hanno trovato dei pezzi di cadavere nella valigia... I vulcani che borbottano, come Stromboli, sfogano il loro gas, un po’ come una pentola a pressione, e così accade anche a Vulcano, per esempio, che ha lave viscose, pastose, e tanto gas, che si accumula, e quando poi si “stappa” produce queste botte, tipo cannonate, che a fine ’800 hanno spaccato i vetri fino a Lipari: è perché si libera, senza colate ma con tanta cenere, e queste botte che si chiamano “bombe a crosta di pane”».

Racconta qual è la prima cosa che guarda in un vulcano:

«Il colore degli occhi… La forma è la prima cosa e, infatti, il fascino di Stromboli è la sua forma geometrica, da sentinella che si staglia all’orizzonte; o quella del Vesuvio, che domina il Golfo di Napoli; mentre i Campi Flegrei sono una caldera, con la gente che ci vive dentro… La forma è il vestito e, nel caso di un vulcano, l’abito fa il monaco, perché ti dice tanto sull’attività che ha».

Ha spesso avuto paura, ma l’emozione della scoperta è stata sempre più forte. Parla di cosa voglia dire sbirciare dentro un vulcano.

«Quando arrivi e vedi il suo cratere e poi guardi nella sua bocca ti si apre un mondo; è come il cielo, è guardare una dimensione non della quotidianità, un magnetismo atavico, come sbirciare nella fucina della creazione, tra le forze primordiali».

Parla a lungo del Vesuvio. Le sue eruzioni sono prevedibili, dice.

«Lo studio dei gas e della composizione chimica ci dà i segnali premonitori di quando si mette in movimento. Abbiamo fatto passi da gigante, come a Cuba, dove sono state salvate moltissime persone. E’ il vulcano più controllato del mondo, ha stazioni ovunque: se si gratta il naso lo vengono a sapere dappertutto».

 

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