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James Senese: «A Pino e gli altri ho dato più che ricevuto. Senza di loro sono ancora di più me stesso»

A Repubblica Napoli: «Sono il precursore di parte della musica napoletana. Ho dato a loro le emozioni e il ritmo. Non viceversa. Non mi sento solo, io sono James».

James Senese: «A Pino e gli altri ho dato più che ricevuto. Senza di loro sono ancora di più me stesso»

Repubblica Napoli intervista James Senese in occasione di “James” il film-documentario su di lui (di Andrea Della Monica) presentato a Venezia.

«Non è da tutti ricevere tanta attenzione. Anche se non credo che qualcuno potrà scoprire di me qualcosa in più rispetto a quel che comunico nei concerti o nei dischi. In sintesi, basta guardarmi in faccia. Chi vuol vedere vedrà i segni della sofferenza e della gioia della musica. Possono guardare il personaggio o l’artista, che dir si voglia, e intuire la mia vita. Certo, qualcuno mi scoprirà per la prima volta. Ma quel che c’è da sapere realmente non è mica nel film. Però è un onore essere protagonista coi miei sentimenti e le lotte che ho sempre fatto».

Tanti dei suoi compagni storici non ci sono più, come Pino Daniele.

«Sono il precursore di parte della musica napoletana. Sento la mancanza di loro in quanto musicisti-amici ma essendo un rivoluzionario per natura sono consapevole di avere più dato che ricevuto. Ho dato a loro le emozioni e il ritmo. Non viceversa. Questa è la mia strada, lo è da sempre. Non mi sento solo, io sono James. Senza di loro sono ancor di più me stesso».

E continua:

«La mia vita musicale l’ho donata a tutti. Quando Pino Daniele ha iniziato a suonare con me, io ero già Napoli Centrale, lui non era ancora nessuno. Poi gli ho fatto capire dove andare. Con Del Prete siamo nati assieme: lui era magari più intellettuale, io più cafone, originario di zone di campagna, poi periferia urbana. Con lui ho potuto esprimere a pieno le mie doti. Adesso vorrei che la gente mi guardasse al di là delle apparenze. È chiaro che al primo impatto io sia nero, ma ci tengo a spiegare ca i’ so’ cchiù napulitan’ de’ napulitan’. Nel mio linguaggio c’è la sperimentazione e la tradizione di questa città
sentimentale».

Senese spiega anche il finale del docufilm, in cui Del Prete cita una sua regola: “Quann’ suoni, hê ‘a
tené ‘e ppacche strette”…

«È il groove. Tenere le natiche strette significa godere dei suoni che crei ed esegui. Significa sentire intensamente la musica che esprimi. Chiamiamolo groove o “pacche strette”. È il “ritmo che non cambia”, una matrice antica di origine africana. Portare una-due note per dieci minuti non è da tutti».

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