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Sono dieci anni che il Napoli cerca il cambio di mentalità e deve crescere

Fondamentalmente non c’è mai stata partita. A Barcellona sono emersi i limiti endemici di questa squadra e di questi giocatori. Perciò serviva il rinnovamento

Sono dieci anni che il Napoli cerca il cambio di mentalità e deve crescere

Fondamentalmente non c’è mai stata partita. Il Barcellona, questo Barcellona, pur senza fare cose trascendentali, ha vinto 3-1 ed era 3-0 dopo 45 minuti. Sétien ha dimostrato che sa anche snaturare le sue squadre, i catalani hanno spesso e volentieri lasciato il possesso palla al Napoli che in novanta minuti ha creato un solo vero pericolo, dopo ottanta secondi: il palo esterno di Mertens. Probabilmente Setien e i suoi lo sapevano bene. Avevano studiato il Napoli. Hanno condotto una partita logica: sapevano che il Napoli oltre tanto possesso palla (53 a 47 per noi, ha orgogliosamente rivendicato Gattuso), raramente riesce ad andare. Insomma una cosa è fare possesso palla, un’altra è creare nitide occasioni da gol. E infatti è andata così.

È difficile analizzare la gara del Napoli. Se la rapportiamo alle altre gare europee degli ultimi due anni, è stato decisamente un passo indietro rispetto alle altre giocate contro le formazioni più forti d’Europa: Liverpool, Psg, Barcellona all’andata.

Non è che il Napoli fosse favorito. Però era un’occasione importante. Non capita spesso di incontrare un Barcellona così. Il Napoli ha subito un gol su calcio d’angolo. C’era una spinta sì, ma è stato un gol su calcio da fermo. Da quel momento, il Napoli è sparito. Ha subito altri due gol validi, uno è stato annullato a Messi, prima del rigore di Insigne a fine primo tempo che ha regalato un po’ di speranza e un secondo tempo in cui il Napoli ha tenuto tanto palla, ha dato l’impressione di poter far male ma poi più di qualche graffio non c’è stato. Gli azzurri non hanno mostrato varianti, sono andati a sbattere sul muro del Barcellona. Può essere una soddisfazione aver costretto il Barça a difendersi; molto probabilmente, però, sono stati anche loro ad aver scelto di comportarsi così, di appoggiarsi alle corde.

Il punto è nelle parole di Gattuso, quando ha sottolineato che non era il miglior Barcellona. Gattuso è a Napoli da pochi mesi, ma anche lui ha parlato di squadra che deve fare il cambio di mentalità, che deve crescere. Del Piero ha aggiunto che serve più personalità. A Gattuso brucia, ma questa squadra sul più bello si comporta sempre così. È il motivo per cui Ancelotti voleva cambiarne la pelle, e quindi i giocatori. La sera di Liverpool, quando perdemmo 1-0, fu chiaro a molti che quel ciclo fosse esaurito. Al processo di rinnovamento è seguita una sterzata di restaurazione, voluta da Aurelio De Laurentiis. Gattuso giocoforza, al di là delle parole, dovrà riagganciare i fili di quel rinnovamento.

In fondo questa è la squadra che i primi ottavi di Champions li ha giocati nel 2012, con Mazzarri, contro il Chelsea: e perdemmo 4-1 ai supplementari.

Da allora, in Europa, ci sono state tante belle prestazioni, anche serate memorabili: il girone dei dodici punti con Benitez, la semifinale di Europa League, gli ottavi con Sarri, il salto di qualità europeo con Ancelotti tranne la sfida con l’Arsenal. Ma alla fine, il Napoli si ritrova – nove anni dopo – a perdere a Barcellona una partita con la sensazione di non averla giocata. E l’anno prossimo saremo senza Champions.

La prossima sarà la stagione per comprendere il lavoro di Gattuso. Per ora, il bilancio è positivo vista la conquista della Coppa Italia. La speranza, visto che ha detto che non ne può più dell’etichetta di Ringhio, è che anche lui cambi corredo retorico senza rifugiarsi nel vocabolario del ring. Lo sa bene che per vincere serve altro. Serve uno sforzo anche da parte sua. Anche se è dura abbandonare un abito che mediaticamente piace tanto.

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