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«Il Ponte Morandi non è caduto per caso. Si sono accumulati anni di ritardi nelle ispezioni»

Il Procuratore capo di Genova al Fatto: «Un ponte non ha margini di aleatorietà, è un’opera di ingegneria basata su calcoli e che deve rispettare norme di progettazione, costruzione e manutenzione. Se così è, non può crollare» 

«Il Ponte Morandi non è caduto per caso. Si sono accumulati anni di ritardi nelle ispezioni»

Oggi il nuovo ponte di Genova, sorto sulle macerie del Morandi, sarà inaugurato. Due anni fa, il 14 agosto 2018, il viadotto sul Polcevera crollò, portandosi dietro 43 vite innocenti. Spezzate. Oggi il Fatto Quotidiano intervista il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, titolare dell’inchiesta sulla tragedia. Fa il punto sul fascicolo.

«A fine ottobre sarà consegnata la perizia sulle cause del crollo, poi dall’1 dicembre inizierà la discussione. La perizia sarà fondamentale perché darà indicazioni sulle condotte che possono aver avuto rilevanza nel disastro. E intanto la procura deve portare avanti la gestione dell’enorme mole di dati raccolta, così da mettere in connessione le informazioni».

Cozzi racconta la complessità dell’indagine. E torna sul fatto che sin dall’inizio ha escluso che il ponte potesse essere crollato per una casualità.

«Mi sono occupato di diversi disastri che hanno coinvolto opere umane ed è sempre arduo ipotizzare che sia un caso. Può esserci un fattore naturale che agevola un processo – pensiamo alle alluvioni del 2011 o del 2014 – o comportamenti che diventano concausa del disastro, ma in questo caso bastava rifarsi a Renzo Piano: un ponte non ha margini di aleatorietà o insicurezza, un ponte è un’opera di ingegneria basata su calcoli e che deve rispettare norme di progettazione, costruzione e manutenzione. Se così è, non può crollare. Aspettiamo l’esito dell’incidente probatorio, ma le risultanze di indagine fino a questo momento non ci hanno fatto convincere del contrario».

Dall’indagine sul Morandi sono scaturite altri fascicoli a carico di Autostrade. Cozzi trae alcune conclusioni.

«Si sono accumulati anni di ritardi nelle ispezioni. Dal quadro complessivo emerge che l’infrastruttura autostradale negli ultimi 50 o 60 anni aveva necessità di una cura e un’attenzione probabilmente superiore, altrimenti non si spiega come all’improvviso le ispezioni abbiano dato certi risultati o perché Placido Migliorino, il perito del Mit, abbia parlato del 95% di gallerie a rischio in Liguria. Perlomeno le indagini, a prescindere da come finiranno, hanno spinto nella direzione dei maggiori controlli».

Il procuratore allontana l’ombra di una possibile prescrizione che vanifichi l’indagine.

«Nei casi delle altre tragedie di cui mi sono occupato si sono completati i gradi di merito nei tempi. L’esito del processo è un altro discorso, ma è un nostro obiettivo evitare che l’indagine sul ponte si concluda con una denegata giustizia: è inaccettabile, soprattutto in vicende delicate come questa».

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