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Con Giampaolo anche il Torino di Cairo si converte ai maestri della tattica

Dopo Mihajlovic e Mazzarri, due tecnici sanguigni più che geometrici, in linea con lo stile Toro, la società ha deciso di cambiare strategia

Con Giampaolo anche il Torino di Cairo si converte ai maestri della tattica

Gli ultimi tre allenatori del Torino sono il risultato di una precisa politica che il presidente, Urbano Cairo, ha provato a perseguire senza ottenere i risultati sperati. La proprietà ha sempre sperato di trovare il connubio perfetto tra la guida tecnica e quell’animo pugnace tipico del Toro, il vecchio cuore granata. Figure di carattere, attraverso cui cercare di esaltare le qualità di una squadra costruita con un budget relativamente ridotto: l’acquisto più costoso della storia del club infatti è quello di Simone Verdi dal Napoli per 23 milioni di euro. Mihajlovic, Mazzarri, Longo: tre modi diversi di scomporre un denominatore comune.

Mihajlovic era probabilmente il profilo su cui Cairo ha puntato maggiormente. La separazione è stata triste molto più che conflittuale, lo scatto europeo riuscito a Ventura non ha avuto soluzione di continuità. Il presidente ha quindi spostato l’attenzione sulla solidità del gioco. Ben memore delle imprese con Reggina, Sampdoria e Napoli, ha virato su Mazzarri: grinta e gioco da trincea, per ridare un volto umile e battagliero al Torino. Una svolta difensivista per riacquisire velocemente le certezze necessarie a colmare il gap tra una classifica modestamente tranquilla e il sesto posto, la grande ambizione di Cairo.

L’allenatore non centra l’accesso all’Europa League, la società lo sostiene riscrivendo il primato di spesa per un singolo giocatore nonostante l’addio di Petrachi, ma in campo le aspettative vengono disattese. È chiaro che la stagione sia compromessa, con l’obiettivo ridimensionato verso la salvezza. Il traghettatore è una persona ben calata nell’ambiente, torinista e torinese, per cui guidare i granata è un’ambizione e non un trampolino. Tre anni da calciatore, sette da allenatore nel vivaio granata, poi quel Frosinone che era piaciuto a tutti per l’attitudine in campo. Moreno Longo ha portato la barca in porto, non senza fatica. Ed è dopo tutta questa serie di eventi, che è stata decisa la rivoluzione concettuale.

Le capacità di scouting di Vagnati come nuovo direttore sportivo saranno messe a disposizione di Marco Giampaolo, che torna nella dimensione che più gli si addice dopo il fallimento al Milan. Dedizione, cura del dettaglio, valorizzazione delle risorse a disposizione ma attraverso una precisa idea di calcio, che esalta la tecnica in un preciso quadro tattico. La linea guida non è più l’animo gladiatorio ma una precisa filosofia di gioco espressa in modo quasi pedagogico.

Il progetto richiederà un po’ di tempo, ma per entrambe le parti difficilmente sarà peggio del recente passato: un allenatore esonerato dopo sette giornate nell’occasione della vita da un lato, una squadra con ambizioni europee che chiude decisamente più vicina alla zona retrocessione che non a quella europea dall’altro. Giampaolo potrà ripartire dalle proprie convinzioni con delle basi più adatte al suo gioco: due punte, un giocatore che ama agire sulla trequarti, esterni bassi di spinta e centrocampisti abituati a giocare a tre nel mezzo. Dal generale al maestro: il nuovo corso del Torino è appena cominciato.

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