L’assessore Gallera al CorSera: «La Regione Lombardia è stata l’unica a spingere per quella soluzione. Non avevamo paura di quella responsabilità. Il lockdown del Paese è nato grazie a quella riunione»
Il Corriere della Sera intervista l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera. Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato l’audio della riunione del 4 marzo scorso tra Fontana, Gallera e il ministro della Salute Speranza, alla presenza di tutti i vertici della Regione Lombardia, in cui si discusse della zona rossa di Alzano e Nembro.
Perché la Regione non si impose pretendendo che il governo decidesse?
«Cosa dovevamo fare? Urlare o mettergli le mani addosso?».
Gallera racconta come nacque l’idea dell’incontro.
«Vista la gravità del momento ci rendiamo conto che non sarebbe bastato un confronto telefonico con il Governo. Non abbiamo mandato una mail. Abbiamo pregato Speranza di correre qui a Milano. Arriva intorno alle 4 del pomeriggio. Siamo al sesto piano di Palazzo Lombardia, sede della nostra unità di crisi. Gli diamo la mascherina: lui era arrivato senza. La indossa dopo essersi reso conto che noi l’abbiamo tutti. Il nostro tecnico nella task force, Vittorio Demicheli attacca con le slide».
I vertici della Regione spiegarono al ministro «la drammaticità del momento che a qualcuno a Roma sembrava sfuggire». Dopo un’ora e mezzo di riunione Speranza andò via promettendo di confrontarsi con il Premier Conte.
«Pensiamo che entro sera avrebbero annunciato la zona rossa ad Alzano e Nembro. Ci sembrava avesse colto quello che gli avevamo fatto notare. Che serviva un segnale forte, perché da quelle parti la gente continuava ad uscire di casa come se niente fosse».
Invece non successe niente.
«Non subito. Però il giorno dopo arrivano i militari e due giorni dopo, il 7, la decisione di chiudere l’Italia intera. Credo che il lockdown del Paese sia nato grazie a quella riunione».
Gallera difende l’operato della Regione.
«Il 5 marzo gli stessi sindaci della bergamasca invocano misure diverse dalla zona rossa. Altri governatori come Zaia e Bonaccini erano contrari. A Roma non l’hanno decisa. Credo che Regione Lombardia sia stata l’unica a spingere per quella soluzione. Non avevamo paura di quella responsabilità. Anche perché il giorno prima in un incontro con il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro avevamo condiviso i rischi di quel focolaio che stava implodendo».
E alla domanda sul perché, in quei giorni che definisce «una lotta incessante, come fosse una guerra» non rispose alle chiamate dell’Ospedale di Alzano, risponde:
«Non chiamarono me».