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Lunga vita a Lete ma via quel rosso dalla maglia del Napoli

Le Big d’Europa evitano ormai da tempo di ricorrere all’utilizzo di un riquadro del main sponsor. Una scritta commerciale non può fare a pugni con il colore di un club

Lunga vita a Lete ma via quel rosso dalla maglia del Napoli

C’è una questione che mi gira e mi rigira in testa da un po’. Un’idea romantica che si è acutizzata durante la quarantena (quasi fosse un’astinenza del tifoso), anche se una parte di me mi dice che le sue radici son ben più profonde. In più, metteteci pure la
nostalgia di casa e della città (vivendo all’estero ormai da anni) e allora capirete che la maglia diventa ‘na cosa seria.

Precisiamo: la prima maglia, quella che ci rappresenta e in cui tutti noi ci identifichiamo. Perché se è vero che non spetta ai tifosi sindacare sulle strategie di calciomercato o sulla formazione da mandare in campo, viceversa possiamo e dobbiamo dire la nostra su quello che andremo ad acquistare, partecipando e contribuendo al tempo stesso alla causa della Società. Poco importa per quale occasione, per andare allo stadio o da indossare seguendo il rituale scaramantico del posto sul divano o del solito tavolo in pizzeria. Perché la scheda tv o il decoder possono essere pure un “pezzotto” qualsiasi, ma la prima maglia no: e io voglio tornare a comprare l’originale!

Non voglio cadere in polemica né tantomeno alimentarla in virtù della questione che molti come il sottoscritto hanno preso a cuore; a Napoli abbiamo il privilegio e la fortuna di non conoscere il significato della parola derby, perché da sempre siamo
stati uniti sotto gli stessi colori. I nostri colori, è questo il punto. Qui non si vogliono ricercare colpevoli, bensì proporre soluzioni che possano mettere d’accordo tutti gli interessi e accontentare la nostra passione: non interessa se finora è stata la Società a concedere troppo o il main sponsor a pretendere e allargarsi.

Nulla di personale, anzi: dobbiamo esser tutti grati e riconoscenti verso Lete per il supporto che ci ha assicurato sin dal lontano 2005 post-fallimento, credendo nel progetto e dando vita a una delle partnership più longeve del panorama sportivo italiano (seconda solo al binomio Pirelli-Inter). Ben vengano altri 15 anni insieme dunque, mettendo però in chiaro le cose: gli interessi non devono interferire né esser confusi con i colori!

Non è un caso che tutte le principali Big d’Europa evitano ormai da tempo di ricorrere all’utilizzo di un riquadro del main sponsor, né tantomeno che la Lega Serie A si sia scomodata per uniformare font e numeri (come già accade in Inghilterra, Spagna e Francia), assicurando il solo lettering sul petto.

Il messaggio è estremamente semplice: la visibilità di un’azienda come Lete non può e non è messa in discussione dalla nuova direttiva nazionale. Ma se ci si ostina a inserire una scritta commerciale che fa graficamente a pugni con il colore istituzionale di un club, si generano perplessità e scontento nell’ambiente. Di recente sono iniziate a trapelare le prime indiscrezioni sulla maglia della prossima stagione; mi sono cimentato anch’io, attenendomi a una regola molto semplice che era lì, proprio sotto i miei occhi: i colori del nostro stemma.

La Società merita un plauso enorme per il lavoro svolto sul logo rivisitato nel 2006: nato dalle ceneri di quel “fu Napoli Soccer”, a mio avviso lo scudo attuale incarna l’esempio più riuscito di tutta la nostra storia proprio perché moderno ed essenziale. Niente orpelli, niente fronzoli: solo la nostra N napoleonica in bianco su fondo azzurro e bordo blu. Un vero e proprio tricolore. Da declinare e riportare sull’amata prima maglia riproponendo il medesimo tema. Maglia azzurro-force, main sponsor in bianco, dettagli (e secondo in sponsor) in blu. Idem sul retro: con il solo numero in bianco, perché a rigor di logica è l’unico elemento rilevante che rende visibilità, tanto per la tv quanto per il tifoso o per il direttore di gara.

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