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Giancarlo Giannini: «In America a volte mi hanno amato più che in Italia»

A Repubblica racconta aneddoti della sua carriera e curiosità sugli attori e registi con cui ha lavorato. Ma ammette di non aver mai pensato di trasferirsi: «Mi piace il mio paese e a Hollywood ti offrono ruoli da italiano»

Giancarlo Giannini: «In America a volte mi hanno amato più che in Italia»

La Repubblica intervista Giancarlo Giannini. A inizio 2021 avrà la sua stella sulla Hollywood Walk of fame. Il suo rapporto con Hollywood è di lunga data.

«In America a volte mi hanno amato più che in Italia».

Racconta aneddoti e curiosità sui grandi del cinema con cui ha lavorato. Ad esempio Robert Mitchum.

«Era un grande consumatore di marijuana, si faceva le sigarette spacciandole per Marlboro».

Non ha mai pensato di trasferirsi in America.

«No, mi piace il mio paese e a Hollywood ti offrono ruoli da italiano. La Columbia mi offrì un contratto da sei mesi all’anno come protagonista di una serie, un detective italiano rompiscatole in America: “Sistemi economicamente figli e nipoti”. Non volevo essere legato per anni».

Giannini ha anche parte del merito della scoperta di Julia Roberts come attrice. Nel western Legami di sangue, faceva la parte del patriarca viticoltore.

«Mio figlio era Eric Roberts e avevano chiamato la sorellina. Nella scena in cui assaltavano il ranch Julia aveva un primo piano disperato ed era intensissima, la segnalai ai produttori. “Ma figurati, è solo la sorella di Eric”. Poco tempo dopo era una stella».

E poi gli incontri con Billy Wilder e Andy Warhol.

«Con Billy Wilder. Ero a Los Angeles per un film italiano, mi portano da Spago e lui mi fa invitare dal cameriere al suo tavolo, con Diana Ross, Sidney Poitier, Michael Caine. Mi presenta e si mette a citare, col suo accento anglotedesco, battute di Mimì metallurgico. Con Andy Warhol passeggiavamo, lui aveva sempre una polaroid e un registratore. Mi portò nella sua Factory e mi fece un servizio fotografico».

E su Ridley e Tony Scott

«Se Ridley era silenzioso, Tony era esuberante. I due fratelli erano in competizione. Ricordo una scena faraonica di incendio in un locale, “mio fratello in Black Hawk Down ha avuto 16 macchine, io ne ho 36!”. Era geloso perché Ridley era più famoso. Mi faceva arrivare in Messico bottiglie di Brunello di Montalcino, ed ero astemio, mi regalava piante a cui ero allergico. La mattina alle 4 andava a scalare montagne. Non credo che si sia buttato dal ponte perché malato, penso che abbia sbagliato una di quelle grosse operazioni finanziarie che facevano lui e il fratello e non ha retto alla vergogna».

C’è anche un grande rifiuto nella sua carriera.

«Ho rifiutato il film Dubbing De Niro, un doppiatore che perdeva la voce e andava in America a incontrare De Niro, ci riusciva nelle ultime scene. Conosco De Niro, ma il progetto non mi ha convinto».

 

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