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Vasco Rossi: «Al terzo concerto mi tirarono le freccette, mi sentii umiliato, volevo smettere»

A Repubblica: «Invece mi è scattato un meccanismo: “No, non smetto io”. Neanche nei miei sogni più sfrenati ho immaginato di arrivare a questo successo. Credevo che al massimo avrei avuto una mia piccola nicchia. E invece…»

Vasco Rossi: «Al terzo concerto mi tirarono le freccette, mi sentii umiliato, volevo smettere»

Repubblica intervista Vasco Rossi. Mercoledì, su Rai 1, si festeggiano tre anni da Modena Park, il concerto tenuto il 1° luglio 2017 a Modena, per autocelebrare i suoi 40 anni di attività musicale. Un concerto entrato nel Guinness dei primati come quello con più spettatori paganti della storia: 225mila biglietti staccati.

Vasco racconta che arrivò a Modena in elicottero e di aver atteso l’evento con grande impazienza.

«È stata un’esperienza incredibile ma bisognava tenere i nervi saldi. Avrei dovuto cantare per tre ore e mezzo! Così per mesi mi sono esercitato tutti i giorni per più di due ore. Alla fine sono arrivato a cantare come sempre Albachiara con la voce che sembrava stessi facendo la prima canzone!».

La carriera di Vasco non è però stata sempre facile.

«Pensi che dopo quello che sarà stato credo tipo il terzo concerto della mia vita volevo smettere. Ero uno sconosciuto e quando è così il pubblico se va bene è indifferente se non addirittura ostile. Ti insultano ma vabbé lo metti in conto, quando ti tirano le cose però è diverso. Una volta c’erano questi fighetti del bar di fianco al nostro palco che facevano delle freccette di carta e me le tiravano: mi sono sentito talmente umiliato che non volevo salire mai più su un palco, volevo sparire. Ho preso la macchina e mentre tornavo a casa invece mi è scattato un meccanismo: “No, non smetto io. Se qualcuno mi tira le freccette la prossima volta scendo dal palco e lo prendo per il collo”. E così da allora, se uno mi dava fastidio io scendevo, sempre cantando nel microfono, e lo prendevo per i capelli finché arrivava qualcuno a darmi una mano. Era una cosa fisica, una guerra! Ma così ho imparato a stare sul palco».

Quel 1° luglio iniziò il concerto cantando “Colpa d’Alfredo”. Spiega perché.

«L’inizio è fondamentale. Volevo incominciare da solo, senza musica perché quando incomincia la musica sei protetto. Ma non volevo rendermi le cose facili, volevo una cosa diversa, lanciare una sfida a me stesso. Doveva essere come parlare con degli amici che da anni non vedevo più. E poi mi è venuta l’idea: Colpa d’Alfredo! Non solo iniziava parlata ma citava anche “Modena. Modena Park”. Era perfetta! Tutto tornava…».

Il concerto di Modena è stato soprannominato, da Vasco, “La tempesta perfetta”.

«Perché è andato tutto così bene da non crederci. Io neanche nei miei sogni più sfrenati ho immaginato di arrivare a questo successo. Credevo che al massimo avrei avuto una mia piccola nicchia. E invece…».

 

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