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Paola Gassman racconta il padre: «Voleva apparire “mattatore”, ma dentro sentiva un grumo di fragilità»

Al Corsera il racconto di un artista, di un uomo, di un padre: «Ci trattava così male che facemmo un documento in cui chiedevamo “incolumità fisica e morale”»

Paola Gassman racconta il padre: «Voleva apparire “mattatore”, ma dentro sentiva un grumo di fragilità»

A quasi 20 anni dalla sua scomparsa, il 29 giugno del 2000, Paola Gassman racconta suo padre sulle pagine del Corriere della Sera.

Ne descrive i difetti, quelli che forse solo un figlio riesce a vedere

«Egocentrico, come tutti noi attori. Non aveva pazienza, era intransigente. Quando recitavamo insieme in O Cesare o nessuno, ci rimproverava anche in pubblico, ci prendeva in giro, ci tirava oggetti addosso, ci trattava così male che facemmo un documento in cui chiedevamo “incolumità fisica e morale”».

Ma anche i pregi

«I pregi, rigore e serietà: detestava la routine, diceva che la nostra non è una professione da impiegati. E pur essendo buono, a volte preferiva essere cattivo, per dire la verità a fin di bene. Odiava la menzogna»

Un uomo come tutti, con le sue debolezze, poco visibili forse dal di fuori

«Voleva apparire “mattatore”, ma dentro sentiva un grumo di fragilità. Sin da piccolo era introverso, timido, poi sonnambulo, poi… la depressione: trascorreva giornate intere seduto a fissare il muro. In quel periodo, si è aggrappato anche alla religione. Temeva la morte, diceva: Dio ha commesso due errori, farci morire e distribuire il talento a casaccio».

4 figli con 4 donne diverse e con ciascuno un rapporto diverso

«In Alessandro rivedeva sé stesso: lo ha scaraventato in scena e, essendo ancora un padre giovane, ne ha seguito il tirocinio. Jacopo, più intellettuale, gli dava molte soddisfazioni scolastiche, però papà era preoccupato perché lo ha avuto in là con l’età, si sentiva più nonno che padre e sapeva che non gli restavano tantissimi anni per seguirne la crescita. Ammirava noi femmine: Vittoria, l’americana, la considerava un po’ misteriosa, ne era affascinato perché era emancipata, spregiudicata; io sono più concreta e, col passare degli anni, nel suo immaginario ho un po’ sostituito la figura di una madre»

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